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Dati macro brutti in eurozone minano la corsa dell’€. La prossima settimana parte l’earning season a Wall Street.

Al termine di una seduta alquanto erratica, ieri sera l’S&P 500 ha messo a segno la quinta seduta positiva a fila, la sesta su sette. Niente male per un mercato che sembrava moribondo nella seconda metà di dicembre. Ovviamente la rapidità del recupero dai minimi, che, a ieri, ha superato il 10%, è figlia della violenza dello storno di fine 2018, e forse non deve sorprendere più di tanto.

A questo punto, una pausa mi sembra da mettere in conto, visto che:
** Powel e Clarida ieri sera hanno concluso la batteria di discorsi, il primo dichiarando che l’economia va bene ma che terrà in considerazione la view espressa dai mercati, e il secondo confermando che la riduzione del bilancio FED, fin qui definita “col pilota automatico”, può essere modificata al bisogno. Difficilmente il messaggio della Fed può diventare più accomodante di così, finchè i dati si mantengono su questi livelli.
** Al ventunesimo giorno di shutdown, non c’è aria di compromesso tra le parti, e la soluzione più probabile dell’impasse sembra passare attraverso una dichiarazione di “stato di emergenza” da parte di Trump, che causerà immediatamente un ondata di ricorsi da parte dei Democratici su abuso di potere etc etc. Vi è l’aspetto positivo che lo shutdown terminerebbe. Ma non si può dire che l’azionario lo abbia sofferto granchè, per cui mi aspetto un supporto modesto, mentre se le cose vanno storte e lo shutdown continua, alla fine l’azionario USA ne dovrà prendere atto.
** Tecnicamente, la resistenza in area 2.600 complica nel breve ulteriori recuperi. Difficilmente può essere superata al primo colpo, con un ipercomprato su questi livelli.

Una wild card può essere costituita dall’earning season del quarto trimestre, che inizia la settimana prossima: riporteranno 35 aziende dell’S&P 500, tra cui le grandi banche. Al momento il mercato stima una crescita degli utili dell’11% circa, con un bel decremento dal 24% del terzo trimestre. A ridimensionare le attese hanno contribuito, oltre che la volatilità del mercato, una pioggia profit warnings, che ha fatto crollare il numero di anticipazioni positive sul totale al 38% (dati di Citigroup)

C’è da sperare che, come al solito, il ridimensionamento abbia portato i numeri ad un livello a cui le aziende possono batterli agevolmente. Dopodichè, l’impatto dipenderà parecchio dalle guidance, vista l’incertezza che caratterizza il quadro. Dopo le capriole dei mercati nell’ultimo mese, è difficile dire quali siano veramente le attese degli investitori, ma certo non sono euforiche.

I mercati asiatici hanno beneficiato, stamattina, oltre che della forza di Wall Street, della conferma, da parte del WSJ che il vicepremier cinese Liu He è atteso a Washington il 30-31 gennaio prossimi per ulteriori trattative. Così, in una seduta piuttosto tranquilla, i principali indici dell’area hanno messo a segno recuperi, con l’eccezione di Sydney e Mumbai,

I mercati europei, partiti sulla medesima lunghezza d’onda di quelli asiatici, hanno però dovuto fare i conti con la mediocrità dei dati macro Eurozone. Le produzioni industriali di Novembre hanno deluso marcatamente in Italia, in Spagna e in UK. Il dato italiano, marcatamente negativo (-1.6% vs -0.3% atteso) porta il dato anno su anno a -2.1% e rende ancora più probabile che l’economia italiana registri una recessione tecnica (2 trimestri di contrazione a fila) nella seconda metà del 2018. Pesante e sorprendentemente in contrasto con le survey, anche il dato spagnolo.
Se non altro, in Francia l’industrial sentiment rilevato dalla Bank of France ha mostrato a dicembre un sorprendente rimbalzo (103 da 101 e vs attese per 100).

Le stecche macro in Italia e Spagna, ancorchè relative ad un periodo che già si sapeva di marcata difficoltà per le economie dell’Eurozona hanno levato brillantezza all’azionario, compresso i rendimenti core, e, alla distanza, sottratto supporto all’ Euro. Avevo notato, i giorni scorsi, che un recupero in particolare della divisa unica sul Dollaro era ben argomentabile, però nel breve mi sembrava ben condiviso tra operatori e media. L’€ ha tenuto fino al primo pomeriggio, ma quando il CPI US di Dicembre, perfettamente in linea con le attese, ha mancato di offrire altri motivi per vendere il biglietto verde, sono comparse prese di beneficio, e una volta rotto il livello di 1.15 sono scattati tutti gli stop di chi aveva comprato il cross sul superamento di questa soglia psicologica.

Diversa la storia della sterlina, che ha ottenuto supporto da dichiarazioni di un “senior Minister” del Governo UK raccolte dall’ Evening Standard secondo cui si va verso una proroga dell’articolo 50. Cosi il Pound ha resistito alla grande al ritorno del $ ed è tornato sotto 0.9 vs €.

Sul fronte BTP, in mattinata si è tenuta l’attesa asta di metà mese di gennaio, terminata con prezzi d’aggiudicazione sopra il secondario per tutti i titoli offerti (3, 7 e 30 anni). Il mercato ha beneficiato della forte domanda e lo spread ma mantenuto la tendenza a stringere nonostante la forza del bund e la comparsa di qualche presa di beneficio, dopo il robusto rialzo delle ultime 48 ore.

Il calo dell’€ ha aiutato i principali indici europei a ridurre le perdite accumulate nel primo pomeriggio, con il risultato che le chiusure presentano perdite marginali ed in alcuni casi sono invariate. Wall Street a un’ ora e mezza dalla chiusura ha a sua volta recuperato un po’ e sembra che senta l’attrazione di quota 2600.
Nel week end, orecchie tese a Washington per capire la durata attesa dello shutdown. Oggi gli effetti si sono fatti più tangibli per l’economia con 800.000 lavoratori federali rimasti senza stipendio. Alcuni di loro, essendo assunti con la formula “contractor” non lo recupereranno.

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