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Brutta chiusura di settimana per gli asset italiani.

Aumenta il nervosismo sui mercati globali, anche se alla fine  le  variazioni –  esclusi gli asset italiani – sono meno violente di  quanto suggerirebbe il “pathos”.
Ieri sera, le  prese di beneficio sulla tecnologia US (Nasdaq -0.8%) hanno frenato Wall Street, ma l’S&P 500  ha contenuto i danni in un -0.07%, supportato dai difensivi (telecom e utilities) mentre  le  large cap del  Dow Jones sono addirittura salite.
Peraltro,  l’aria non era bellissima  stamattina in Asia, con i principali indici a mostrare significativi cali, guidati dall’azionario cinese. A disturbare il sentiment ha contribuito, con ogni probabilità, il gelo tra USA e resto del mondo sul fronte trade che ha caratterizzato  l’inizio del G7 in Canada. Al culmine di una sorta di rissa verbale con Premier canadese Trudeau e col Presidente francese Macron, Trump ha comunicato che sarebbe partito anticipatamente dal  Summit per volare a Singapore, sede del  meeting con il  dittatore Nordcoreano Kim, preferendo arrivare con 2 giorni di  anticipo che terminare gli incontri con gli altri 6 convitati. Macron,  dal  lato suo,  ha mostrato una retorica insolitamente dura,  avendo dichiarato ieri sera via Twitter che “Al Presidente US potrebbe non dispiacere l’isolamento, ma nemmeno a noi abbiamo problemi a siglare un accordo a 6, se necessario”.
Ora, gli ultimi mesi hanno fornito parecchi esempi della tattica negoziale di Trump, ovvero alzare i toni dello scontro per abbassare le pretese delle controparti, per poi assumere l’atteggiamento negoziale. Il fatto che ormai il comportamento sta generando assuefazione negli avversari sta forse inducendo il  Presidente US ad accentuare l’aggressività delle schermaglie.
Detto questo, l’area asiatica ospita alcuni dei principali partner  commerciali US. Oltre alla Cina, abbiamo Giappone, Sud Corea e Taiwan, tutti importanti fornitori di industria pesante e tecnologia al mercato americano.  Con questo clima,  il nervosismo e giustificato, in particolare in Cina,  che attende di sapere se il  15 giugno verranno annunciati i dazi (contro i quali farà eventualmente rappresaglie) e il 30, se non erro, le limitazioni agli investimenti. Personalmente,  resto della convinzione che alla fine gli accordi verranno trovati (come avvenuto, ad esempio per la ZTE),  ma ammetto che i toni non lasciano ben sperare per soluzioni in tempi brevi.
E poi,  c’è il  rumore di fondo dei focolai di crisi,  Argentina,  Turchia, e ora il Brasile, dove la banca Centrale è dovuta intervenire per arrestare il crollo della  divisa,  a  fronte di incertezza per le elezioni in ottobre e il  quadro macro. Insomma, le situazioni di stress, tra gli emergenti, stanno crescendo di numero.
Con queste premesse,  stupisce poco che il buon trade balance cinese di maggio (surplus in calo grazie a importazioni assai sopra attese) sia stato snobbato, e che l’azionario cinese chiuda la settimana con perdite rilevanti, seguito, con minor impeto da  Seul, e Tokyo. Più tranquilla l’aria a Sydney e Mumbai.

L’apertura europea è avvenuta sui toni della chiusura di ieri, ovvero carta italiana venduta insistentemente, e azionario debole, con particolare accanimento su banche e Piazza Affari. La differenza con le ultime 2 sedute è che la carta obbligazionaria tedesca ha smaltito completamente la  pressione derivante dalla retorica ECB di mercoledi e i rendimenti si sono contratti su tutta la curva fin da inizio seduta. Non hanno aiutato ancora delusioni sul fronte macro, con le produzioni industriali di Germania e Francia in Aprile entrambe in calo e sotto attese. Se la musica non cambia, l’ECB farà sempre più fatica a dire che la ripresa europea è “broad based”.

Quella che si chiude oggi è  una settimana orribile  per i titoli di debito  italiani, il cui spread è tornato ad allargare  di 50 bps (a 265)  sul  10 anni, e addirittura di 85,  a 230,  sul  2 anni. I record segnati martedi 29 maggio sono ancora un po’ distanti, ma tenendo questi ritmi potremmo andare rivisitarli per la  fine della  prossima settimana, il che sarebbe uno sviluppo decisamente negativo. Per dirne una, quello di  10 giorni fa non potrebbe più essere derubricato a episodio isolato di stress.
A mio modo di vedere, quanto stiamo osservando sui BTP è una reazione spropositata rispetto ai motivi che la hanno causata.

Vero, l’enorme successo che i sondaggi attribuiscono al programma (per loro stessa ammissione) populista di Lega e M5S, l’aggressività del nuovo esecutivo nei confronti dell’EU,  e  il fatto di aver sfiorato argomenti come l’uscita dall’€ (poi rigettata),  i mini-Bot,  la  cancellazione del debito etc sono aspetti che non depongono bene per  le  finanze pubbliche nazionali. Alcune riforme rischiano di essere smantellate almeno in parte, e  i rapporti con l’Europa potrebbero soffrire.
Ma  nemmeno Godzilla potrebbe fare, in tempi cosi brevi, danni finanziari al paese tali da giustificare la  salita del rendimento dei titoli italiani a 2 anni (i bot) da -0.28% dell’11 maggio a 1.67% di stasera, un balzo di 195 basis points. Il Bot a 1 anno, che ha visto il suo rendimento ancorato a -0.40% (tasso di deposito ECB) per la maggior parte  del 2018, e rendeva -0.3% a metà maggio, oggi ha superato lo 0.9%, una salita di 120 basis points per carta che scade entro 12 mesi. Un differenziale di questa dimensione rispetto al free risk incorpora una probabilità non trascurabile che il titolo non venga rimborsato (quanto meno non in €) tra un anno. Un ipotesi un po’ forte, se pensiamo che perfino i T-bills greci hanno continuato ad essere sottoscritti e rimborsati durante tutta la crisi sovereign (e al momento rendono meno di cosi).

Il fatto è che la reazione sproporzionata che l’obbligazionario italiano ha avuto alle news, ha in parte origini tecniche. Supportati dalla stabilità delle finanze pubbliche italiane negli ultimi anni, e dalla buona performance macro italiana degli ultimi trimestri, e compressi dalle misure di politica monetaria ECB (LTRO, tassi negativi e QE) i titoli di stato nazionali hanno mostrato un comportamento assai stabile e rendimenti in costante calo negli ultmi anni. Non c’è da stupirsi, visto che per  investitori istituzionali l’alternativa a comprarli era di investire a rendimenti ancor più bassi sulla carta “core” o pagare per detenere la liquidità. Le banche, per contro erano incentivate a indebitarsi a tassi negativi, per comprarli. Per effetto di questi fattori, il rendimento del BTP a 2 anni è rimasto sotto 0.1% per la quasi totalità degli ultimi 2 anni e mezzi (vedi grafico)

Questa situazione di rendimenti ridotti ma senza nessun rischio o volatilità ha prodotto un posizionamento enorme su queste scadenze. Lo shock delle ultime settimane ha mandato in crisi questo posizionamento, un po’ come a gennaio il rialzo dei rendimenti in US era stato il catalyst per lo smontamento precipitoso di un simile positioning su Wall Street, causato dalla volatilità eccezionalmente bassa del 2017.
Al momento la violenza delle oscillazioni costringeo alcune categorie di investitori a ridurre i rischi senza curarsi del livello, e limita l’appetito degli altri, lasciando spazio alla speculazione.  Ecco il motivo, a mio modo di vedere, dell’ abnormità della reazione che stiamo vedendo, reazione che potrebbe durare fino al riequilibrio dei budget di rischio, un po’ come avvenuto in US.
Ovviamente, con la situazione politica nello stato attuale, e il quadro macro Eurozone incerto, un ritorno alla situazione pre-elezioni è da escludere. Ma anche la mera permanenza sui livelli attuali, con premi al rischio doppi/ tripli ( e oltre sulla parte breve) rispetto a paesi come Spagna e Portogallo, non ha ragione di essere, sulla base dell’ attuale congiuntura.

Tornando alla seduta odierna, naturalmente anche l’€ ha perso la forza dei giorni scorsi, e ha ceduto parecchio terreno in mattinata.
Il sentiment si è un po ripreso nel pomeriggio, grazie a una Wall Street poco incline a cedere le armi di fronte ai numerosi catalyst negativi. La sua solidità, insieme alla riuscita delle manovre della Banca Centrale Brasiliana nell’arginare la frana, hanno ridato un po’ di forza all’azionario Eurozone, e così gli indici si sono diretti verso chiusure solo marginalmente negative. Ma dal parziale sollievo sono stati esclusi gli asset italiani, come si nota dal -1.9% di Piazza Affari, e dai citati livelli sull’obbligazionario.

La prossima settimana è costellata di eventi importanti: Oltre all’outcome del G7 canadese, avremo il meeting Trump Kim (il 12), il FOMC (il 13), l’ECB (il 14), il possibile annuncio dei dazi alla Cina (il 15), e mettiamoci anch, viste le circostanze, i 5.25-7.25 bln di aste del Tesoro Italiano (BTP a 3, 7 e 30 anni). In bocca al lupo.