Tentativo di stabilizzazione a Wall Street dopo il crash del CPI di ieri.

Riprendo  a commentare dopo  2  giorni, e  non è che l’azione sia  mancata sui mercati.
Fino alle 14.30  italiane di ieri,  il tema  è  rimasto la prosecuzione del rimbalzo da  short covering, con l’azionario in forte recupero e i rendimenti in calo.  L’attesa era trepidante per il  CPI  USA di a debolezza  del  Dollaro ha lasciato chiaramente intendere che tipo di dato si aspettava il mercato: più basso  delle attese.
Invece i numeri sono stati ben sopra stime. La headline è salita di 0.1% sul  mese e dell’8.3% sull’anno, e la core è salita dello 0.6% sul mese e del 6.3% sull’anno, massimo da marzo scorso. Le attese erano per 8.1% e 6.1%. Il quadro è reso più ostico dalla considerazione che la  pressione ribassista sul dato viene dall’energy,  ma tutte le componenti meno volatili hanno mostrato rialzi robusti, tra tutte, lo shelter (+0.7% sul  mese) che dovrebbe avere ancora altri rialzi da scaricare.
La costernazione del mercato di fronte a questi numeri è tutta nella sua reazione:
** l’S&P 500 il cui future saliva placidamente di quasi un punto prima del  dato,  ha chiuso a -4.32%. Peggio ha fatto il Nasdaq 100, chiudendo a -5.54%, e con tutti e 100 i suoi componenti in calo
** I rendimenti hanno fatto un balzo, con il 2 anni treasury al nuovo massimo dal 2007 di 3.77% (+19 bps) e una marcata tendenza della curva a invertirsi (il 10 anni è  salito “solo” di 5 bps a 3.41%).
** La  Fed Fund strip è  andata a scontare con certezza un rialzo da 75 bps la  prossima settimana,  più una probabilità  del  30% che sia di 100 bps.
** Il dollaro, che stava calando marcatamente, ha preso il  volo, approdando nuovamente sotto  la parità con l’€ con un progresso di circa un 2%.
Il  ragionamento sottostante questa price action è evidente: La FED verrà indotta da  questi dati a accentuare ancora l’aggressività della stance.
Personalmente, anche io mi attendevo un numero benigno,  anche se sapevo bene che sul singolo report poteva uscire qualsiasi cosa. Ciò detto, la forza  della  reazione mi ha sorpreso,  come tutti. L’S&P 500 ha praticamente ceduto d’un fiato oltre 5 punti, totalizzando la  peggior seduta da oltre 2 anni  (giugno 2020). Un movimento sproporzionato in considerazione del fatto che comunque l’inflazione ha continuato a calare, anche se la core è rimbalzata. Inoltre, la  componente shelter, anima del  rialzo della core  è una componente lagging, e le  dinamiche che stiamo osservando sul mercato immobiliare lasciano intendere che è solo  questione di tempo perchè   anche i rents rallentino. Basta ripostare per  l’ennesima volta il  grafico che mette  la  componente in relazione con l’andamento degli affitti rilevato da  Zillow, che tra l’altro utilizzavo lo scorso autunno per mostrare che il rialzo della core non era così  temporaneo.

Anche l’andamento dei prezzi delle case,  ora in calo, come hanno mostrato gli ultimi dati del Case Shiller di giugno, ha un effetto  ritardato sugli shelter costs,  come mostra questo  grafico di Andreas Steno Larsen.

Infine, la  survey NFIB small businesss optimism di Agosto ha riportato un sottoindice relativo  ai piani di aumento dei prezzi ai minimi da Gennaio 2021, mentre una survey di Evencore ha mostrato che il  pricing power dei retailers sta calando rapidamente, il  che non è un messaggio troppo piacevole per i profitti aziendali.

Insomma, il  quadro inflattivo USA è forse peggiore di quello che sperava nel breve il mercato,  ma non è sostanzialmente cambiato. Non c’è motivo di mofdificare radicalmente view sul decorso. Certo,  la FED che già prima era sul piede di guerra, difficilmente si sentirà confortata da questi numeri. Ma il mercato già prezzava 75 bps per mercoledì  prossimo e quindi non c’è bisogno di rivoluzionare le  attese.
Ma il  mercato veniva da una serie di sedute di rialzo, e con la convinzione ben radicata che un dato basso avrebbe dato semaforo verde per un follow through. E poi, la violenza delle correzioni è  la cifra dei bear market, e non c’è dubbio che questo è un bear market. L’unico dubbio, è a che punto siamo dello stesso.
A tale proposito, ho trovato interessante questa figura elaborata da Bank of America in cui si mostra che solitamente i bear market fanno un bottom dopo che la FED ha iniziato a tagliare i tassi.

Venendo alla seduta odierna, naturalmente l’Asia ha gradito pochissimo la  reazione dei mercati USA ai numeri, così come la  prospettiva di una FED ancora più aggressiva e un Dollaro ancora all’attacco. Tutti i principali indici hanno messo a segno cali, con solo Shanghai,  Ho Chi Minh, Jakarta e Mumbai in grado di contenerli sotto  il punto percentuale.
In Cina, la  PBOC ha continuato a  fissare lo Yuan su un livello significativamente più  alto  di quello indicato dal mercato, una politica che vorrebbe indicare l’intenzione di sostenerlo, ma a  mio  parere finisce per  sottolinearne le  difficoltà. Bloomberg però  riporta che nelle città  cinesi si stanno varando decise misure a supporto della domanda di immobili ( link  China Rolls Out Property Policies Across Nation to Fix Slump ). L’agenzia USA ne ha contate 70. Ieri però nel marasma si è comunque notata la notizia che gli USA stanno considerando di stabilire delle sanzioni deterrente per un eventuale  invasione di Taiwan da parte della  Cina.

La  mattinata europea è  partita  con gli indici in catch up con la  debolezza di Wall Street ieri,  continuata  dopo la  chiusura europea. C’è da osservare che in generale gli indici continentali hanno mostrato resilienza , assorbendo,  tra ieri pomeriggio e stamattina una parte significativa dello storno USA. E’ vero che è  sensato aspettarsi un maggio impatto dei dati USA sull’economia americana e sulla  FED,  che altrove.  Ma è  anche vero che se la  situazione inflattiva USA lascia a desiderare,  quella  europea è terrificante.
Basta uno sguardo a questo grafico,  postato più  volte,  per rendersene conto. Non serve essere un’aquila  per cogliere la diversità  delle dinamiche.

Certo,  parte della debolezza EU può  essere stata “assorbita” dal calo della  divisa. Ma  da un lato l’€ era salito in tandem con gli indici i giorni scorsi, e  dall’altro un € debole non fa che peggiorare il quadro  sopra illustrato (mentre il  Dollaro  forte importa disinflazione in US).
Tornando alla price action, particolarmente  resiliente il settore bancario che continua a giovarsi dei regali dell’ECB sotto forma di remunerazione delle riserve e anche di un positioning negativo.  La cosa si è riflessa sule borse più  bancarizzate, come Milano e Madrid. Sul fronte dati,  brutta la produzione industriale EU di luglio, in calo del 2.3%, il  doppio delle stime.
Nel primo pomeriggio sono stati pubblicati in US i prezzi alla produzione di agosto

Dopo il report di ieri,  questi numeri sono passati quasi inosservati, ma confermano che al calo della componente energetica corrisponde resilienza delle componenti core. Il grafico sopra però mostra la  dinamica tutto sommato promettente, e abissalmente diversa da quella visibile  in Eurozona.
A margine, le richieste di mutuo hanno continuato la  serie di cali settimanali (quinta settimana consecutiva,  9 cali in 11 settimane).
L’apertura di Wall Street è stata comprensibilmente nervosa, ma per ora gli indici stanno mettendo a segno un modesto rimbalzo. Quest’assenza di “follow through” al  ribasso ha aiutato gli indici europei a contenere le  perdite.  Anche i rendimenti Eurozone, al termine di una seduta assai volatile, chiudono con movimenti minimi, anche se le  curve si appiattiscono, e la  strip prezza 80% di probabilità  di  altri 75 bps di rialzo al meeting ECB del 27 ottobre, e  comunque un depo al  2% a Dicembre prossimo.  Come i bonds europei riescano a stare così calmi con un quadro  inflattivo  come quello  sopra  descritto, e una divisa debolissima che non reagisce ai rialzi dei tassi ECB, è  per me un mistero.
Domani ci divertiamo con retail sales di agosto, e Empire NY Fed e Philly FED di settembre. Non dovrebbe essere  una seduta banale.