Si deteriora di nuovo il tono sul trade, e l’azionario corregge.

Era troppo bello per essere vero.
Wall Street che recuperava interamente lo sbrago post ISMs alla  vigilia  dei colloqui di Washington, e nonostante le vicende politiche interne rendessero Trump sempre più nervoso (vedi tweet sulla Turchia in cui il Presidente ha minacciato di devastare l’economia turca se il comportamento del  paese non risponde alle aspettative).
Tra l’altro, il miglioramento del sentiment pone spesso i presupposti per un aumento dell’aggressività  della retorica,  mentre solitamente la risk aversion la ammorbidisce. Anche stavolta si è verificato.

Quindi, stamattina sono rimasto piacevolmente sorpreso dei futures su Wall Street, tornati a contatto con la resistenza in area 2945 nonostante le notizie poco incoraggianti in vista dei colloqui. Infatti, dopo che Bloomberg aveva riportato che i Cinesi non sono interessati ad un accordo generale, ma solo a singole porzioni,  ieri sera post chiusura è emerso che l’US trade Representative ha deciso di mettere nella black list altre 8 aziende cinesi.
Certo, è un fatto che il  ritorno dei mercati cinesi dopo la chiusura di una settimana per festività è stato caratterizzato da un buon sentiment. Il PMI servizi finale di settembre è uscito sotto attese (51.3 da 52.1 vs attese per 52) ma i sottoindici correggono un po’ il messaggio. Il new business è salito di 0.3 a 53.9, grazie agli ordini provenienti dall’interno del paese, e l’Employment è salito di 0.1 a 52.4, massimo da giugno 2017. Il dato Composite (+0.3 a 51.9) è salito grazie alla forza del manifatturiero, uscito prima delle feste.
I numeri sono stati bene accolti (sono tra i pochi al mondo a migliorare a settembre) e così il China complex ha mostrato progressi. Seul è stata supportata dai risultati di Samsung, Tokyo in generale si è giovata del buon tono della tecnologia dopo che ieri anche Apple aveva chiesto ai fornitori di aumentare la produzione.
In generale nessuno dei principali indici dell’area ha chiuso in rosso (Mumbai chiusa per festa).

A  favore dell’apertura europea,  anche (finalmente) un dato tedesco sopra attese. La  produzione industriale è  uscita a 0.3% vs 0.0% atteso e con luglio rivisto su di 0.2%.
Il mood ha iniziato a deteriorarsi poco dopo l’apertura europea. Dalla Cina sono iniziate a venire le prime dichiarazioni in reazione ai nuovi inserimenti in black list (avvenuti apparentemente per sanzionare il trattamento riservato dalla Cina alle minoranze mussulmane). Il Ministero degli Affari Esteri cinese ha esternato una forte opposizione alle misure e ha invitato a “restare sintonizzati” per la  rappresaglia in arrivo.

A metà mattinata è arrivata anche una parziale doccia fredda sulla brexit. In una conversazione telefonica tra la Merkel e Johnson la Cancelliera avrebbe detto che un accordo sarebbe possibile solo se l’Irlanda resta nell’unione doganale. Johnson avrebbe concluso che su queste basi un deal è impossibile. Quindi le trattative sarebbero sul punto di interrompersi. Non che fossimo sul punto di ottenere chissà  quale risultato, ma chiaramente le  esigue possibilità  di un accordo (anche dopo il 31 ottobre) vengono ulteriomente ridotte da queste indiscrezioni, e la Sterlina ha perso vistosamente terreno in giornata.

In tarda mattinata, il South China Morning Post ha riportato che la parte cinese starebbe cercando di contenere le aspettative di buoni risultati dai colloqui, e che la delegazione cinese starebbe pianificando di ridurre di un giorno la permanenza, in pratica limitando a una sola giornata i meeting.
infine, sono tornate  fuori indiscrezioni secondo cui la Casa bianca, nonostante le smentite ufficiali, starebbe pianificando di limitare gli investimenti in azioni cinesi, cominciando con i veicoli statali, sulle cui linee guida di investimento ha voce in capitolo. Insomma, al di la  degli atteggiamenti di facciata, volano i coltelli tra Pechino e Washington, il che non è certo un buon viatico per gli incontri.
Chiaramente queste news hanno ulteriormente depresso il  sentiment e l’apertura USA è avvenuta  con l’S&P in robusto ribasso, mentre ormai i tassi avevano preso a scendere ovunque, e i  metalli preziosi avevano recuperato slancio, e il petrolio era tornato pesante.

Nel frattempo era uscito il  NFIB small business optimism di settembre, che ha tenuto meglio degli ISM, ma ha comunque marginalmente deluso (101.8 da prec 103.1 e vs attese per 102. La creazione di posti di lavoro ha rallentato ma resta positiva e il problema di trovare manodopera qualificata resta il principale per le piccole aziende USA. In generale nulla di grave ma certo (anche per la natura del dato) nemmeno in grado di sovvertire un sentiment depresso dalle  news sulla trade war,  quelle sulla brexit etc.

Così l’azionario europeo ha chiuso con perdite attorno al punto percentuale, pur riducendo, tra ieri e oggi, il gap di performance recente con gli USA. L’€ ha evidentemente patito le news sulla Brexit e l’inversione di tendenza dei tassi, che a fine giornata calano sui bond core. Lievemente attardata la periferia, compreso il BTP che deve digerire il lancio dell’emissione in $ multi tranche (5, 10 e 30 anni) che verrà prezzata domani.

Sul fronte tecnico, il ritorno dell’S&P nel range di agosto, dopo il test della resistenza a 2945 di ieri e stamattina sembra indicare che dovremmo avere per lo meno un test del minimo di giovedì, con, nel caso peggiore, una breve intersecazione della media mobile a 200 giorni. L’esito di questo test ci dovrebbe indicare la direzionalità successiva.