Rimbalzo dei PMI cinesi di marzo, domani quelli globali.

Spunto finale per Wall Street  ieri sera, con l’S&P a +3.35% in chiusura, quarta seduta positiva su 5. Il miglioramento globale dei dati sulle nuove infezioni, sia pur lieve in aggregato (-0.1% +8.8%), ma con rallentamenti significativi in Italia (-1.4% a 4.1%) Germania (-1.1% a 7.1%) e USA (-1.6% a 14.5%) è sicuramente un fatto notato dal mercato. E poi c’è il discorso dell’aumento dei test, e dell’inizio del dibattito sulle exit strategy dal lockdown (anche se, come nel caso italiano, per il momento quasi ovunque si proroga). Il quadro tecnico, con le ricoperture e il rebalancing di fine trimestre, continua ad essere uno dei driver principali.

La seduta asiatica ha avuto un decorso meno univoco di quanto si potesse aspettare, con Tokyo e Sydney in controtendenza. Le big news della seduta sono stati i PMI ufficiali cinesi di Marzo, che hanno sorpreso un consenso che vedeva recuperi molto inferiori.

Attenzione però. I PMI non forniscono un livello assoluto di attività economica. Indicano come si è comportata l’attività economica rispetto al mese precedente. Quindi le letture sopra 50 indicano che l’attività ha riaccelerato, non che è tornata ai livelli di Dicembre/Gennaio. Il consenso degli analisti è stato forse influenzato dal fatto che, nelle fasi di normale contrazione, l’attività, prima di ricominciare a salire, rallenta il ritmo di contrazione. In questo caso ci siamo trovati di fronte ad un blocco, ed è normale che la ripartenza delle industrie e dei servizi venga in qualche misura registrata dai PMI, che avevano segnato minimi record. Sarà per questo che il dato è stato accolto positivamente, ma non quanto l’entità della sorpresa avrebbe implicato.
Domani abbiamo i PMI finali di marzo nel resto del mondo industrializzato. Non credo che avremo gli stessi problemi interpretativi. E’ possibile che i numeri diffusi in sede flash saranno rivisti al ribasso, e ho quasi paura di vedere che dati tirerà fuori l’italia.

L’apertura europea è comunque avvenuta con un buon clima e gli indici in robusto rialzo. In questo contesto positivo, i BTP sono andati incontro all’asta con un buon tono, e la domanda è risultata buona.
Il sentiment ha preso ad afflosciarsi in tarda mattinata. Riguardo i BTP, è circolato un pezzo di Market News, in cui si sosteneva che a giorni il programma di emissioni del Tesoro italiano verrà aggiornato, e le emissioni nette saliranno di 75/95 bln €. Si tratta di una cifra superiore alle attese, che si attestavano su  +50 bln (25 delle misure già varate + altri 25). Questo ha pesato sui corsi, con i rendimenti che hanno preso a salire, contagiando le banche italiane. In realtà, se uno guarda i programmi degli altri paesi, non è che ci sia da trasecolare per quest’aumento. Infatti a fine giornata l’effetto sarà modesto. Secondo alcune fonti, Conte domani o dopo dovrebbe finalizzare in Parlamento la richiesta di approvare un secondo pacchetto fiscale da 30 bln. Cominciamo a ragionare.
A parte ciò, le crescenti discussioni tra Leaders sul modo di finanziare ulteriore supporto fiscale con strumenti comunitari sono un fattore di disturbo. Ieri e oggi sia Gentiloni che Regling sono tornati in argomento, entrambi lasciando intendere che l’emissione di Eurobonds sembra improbabile in questa fase. Il Commissario EU ha dichiarato che sarebbe meglio focalizzarsi sui fini e varare misure specifiche, trovando il modo di finanziarle. Regling ha dichiarato che non ci sono le condizioni per uno strumento di debito comune e che bisogna focalizzarsi sugli strumenti esistenti  e che la condizionalità attaccata ai prestiti ESM si potrebbe essere limitata nell’ambito di un vincolo di destinazione. Ma, al punto in cui siamo, sembra improbabile che possa passare quest’ utilizzo dell’ESM in Italia e Spagna.
Deutsche bank ha notato che un utilizzo dell’ESM avrebbe come vantaggio il fatto che i prestti potrebbero avere scadenze lunghissime e costi inesistenti (tipo quelli alla Grecia), cose che un Eurobond non potrebbe offrire, dovendo essere piazzato sul mercato.
L’Eurogruppo deve riunirsi per elaborare nuove proposte il 7 Aprile. Considerando che c’è il supporto del nuovo programma ECB, e che il patto di stabilità è sospeso, tutti i paesi hanno margine per finanziare pacchetti fiscali discreti. Una soluzione comunitaria avrebbe soprattutto il significato di mostrare coesione, coordinamento e solidarietà tra stati. Se invece diventa un motivo di divisione, è controproducente.
Sta di fatto che l’azionario si è progressivamente indebolito, fino a passare in negativo a metà giornata, con banche e ciclici al solito a fare da battistrada.

Nel primo pomeriggio, la FED ha annunciato una nuova misura per attenuare le difficoltà di funding in Dollari che riverberano sui tassi a breve e sulla divisa. Per le Banche Centrali di quei paesi emergenti che non hanno accesso alle swap line create ad hoc di recente (perchè giudicate non idonee) è stata creata una repo facility denominata FIMA (che partirà il 6 aprile) alla quale possono accedere per rifinanziarsi i Treasury che detengono nelle riserve. Cosa che evita loro di doverli vendere per ricavare dollari da prestare internamente.
Si tratta dell’ennesimo schema messo in campo dalla FED per cercare di ovviare alla fame di Dollari che sta causando le note divergenze tra tassi collateralizzati, oppure swaps (dove si scambia solo fisso contro variabile ma il rischio credito è trascurabile), e i sassi di debito unsecured  ovvero quelli che prevedono il prestito senza garanzia di un asset.

Sull’origine di questa divergenza, rappresentata dalla differenza libor – ois (vedi grafico) la spiegazione più accettata è la seguente: l’impennata della domanda di funding in dollari è dovuta alla concomitanza dei seguenti drivers:
** Il mercato USA delle commercial papers si è bloccato, perchè la crisi fa nascere dubbi sull’effettivo valore del collaterale scambiato. Quindi chi prima lo utilizzava per finanziarsi questa carta ora deve prendere a prestito dollari unsecured per rifinanziarsela. Anche perchè venderla è penalizzante, con molti operatori attivi in crisi di liquidità per motivi simili (vedi Money market Funds)
** Le aziende USA improvvisamente si trovano a bruciare cash rapidamente, con il fatturato fermo e i costi fissi che vanno. Come si nota dai numerosi annunci sui media, molte stanno accedendo ai fidi presso le banche. Altra domanda di funding che si combina con quella per rifinanziare i portafogli di asset degli operatori a leva.
** Dall’estero il discorso è analogo, con aziende che aumentano il ricorso ai fidi o fanno incetta di funding in $ per rimanere a galla nella fase di sospensione dell’attività.
In sostanza, quindi ci troviamo di fronte ad un aumento della domanda di funding in Dollari sia dai mercati finanziari, che dall’economia reale, con un offerta che non riesce a tenere dietro.
La Fed si sta dando parecchio da fare per ovviare a questo problema. L’entrata in vigore, ad Aprile, della facility per rifinanziare le Commercial papers dovrebbe, insieme ai repo, e allo schema varato oggi per gli emergenti (FIMA Repo Facility), attenuare la domanda “finanziaria”.
E tutto il supporto offerto al credito (Primary Market Corporate Credit Facility, Secondary Market Corporate Credit Facility, Term Asset-Backed Securities Loan Facility , Money Market Mutual Fund Liquidity Facility), dovrebbe andare a incontrare la domanda dell’economia.
Quindi nelle prossime 2 settimane dovremmo assistere ad una normalizzazione. Se così non fosse, vuol dire che al quadro fatto manca qualche elemento.

Queste novità, insieme al fatto che Trump è tornato a parlare di piano infrastrutture (*TRUMP CALLS FOR $2T INFRASTRUCTURE PACKAGE IN NEXT RELIEF BILL) hanno offerto, dopo qualche sbandamento iniziale, un buon inizio a Wall Street. Così, dopo una seduta ondivaga, l’azionario europeo ha portato a casa un progresso, nonostante in realtà il miglioramento si sia fermato da qualche giorno (il massimo resta quello di giovedi scorso per l’Eurostoxx 50).
La pressione delle emissioni per finanziare i deficit in esplosione (ad esempio oggi il Belgio ha emesso 8 bln di  7 anni tramite sindacato di collocamento) ha portato al rialzo i tassi in Eurozone. Nonostante i rumours sul programma di emissione, la carta italiana non ha sfigurato, allargando meno di Spagna e Portogallo. L’€ però non gradisce l’aria che tira a Bruxelles e quindi ha ceduto nonostante le profferte della Fed.
Dopo la tenuta di quota 20$ di ieri, il Petrolio aveva iniziato bene la seduta, ma il newsflow lo ha successivamente portato a cancellare il grosso del guadagno.
** SAUDI ARAMCO NOTIFIES OIL SERVICE COMPANIES TO BE READY TO SUPPORT RAISING SAUDI OIL OUTPUT TO 12 MLN BPD FROM APRIL 1 AND FOR THE FORESEEABLE FUTURE – SAUDI OIL INDUSTRY SOURCE
** OPEC MEMBERS FAIL TO AGREE UNANIMOUSLY ON EMERGENCY MEETING OF ITS ECONOMIC COMMISSION BOARD – FOUR SOURCES
Già il fatto che queste headline non lo abbiano mandato a nuovi minimi è un segnale discreto.

Dopo la chiusura europea, il clima si è nuovamente incupito a Wall Street, senza apparenti motivi. Dal punto di vista tecnico sembra che l’S&P 500 stia lottando con una resistenza posta a 2630 punti, il superamento della quale aprirebbe al target citato i giorni scorsi, 2750-800, con massima estensione a chiudere il gap 2900-850 lasciato aperto il 9 marzo. Quest’ultimo livello è ambizioso, sarebbe un +30% dai minimi, e un -15% dai massimi, ma il quadro tecnico lo supporta.
Intanto cominciamo a superare 2630.

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