Reazioni composte di Asia ed Eurozone al crash USA.

Ieri avevo concluso che una chiusura da parte dell’S&P 500 significativamente sotto i livelli pre-summit sarebbe andata oltre quello che si poteva considerare un consolidamento fisiologico e avrebbe alimentato domande sulla tenuta del movimento rialzista. Con un -3.2% le domande sono più che legittime.

Innanzitutto, cosa è successo?
Si è parlato di impatto dell’ appiattimento delle curve sulle attese di crescita. Come osservato ieri, l’inversione della curva USA sul 2-5 e l’avvicinarsi a zero del 2-10 hanno trovato larghissima eco sui media, ed effettivamente il movimento occorso ieri è stato assai violento. Anche Bloomberg osserva che le stop loss devono aver avuto una parte importante  nella corsa all’acquisto del long end.
Che le preoccupazioni macro abbiano avuto un ruolo nella disfatta di ieri lo mostra anche la performance intersettoriale. Il research dept di Deutsche bank ha osservato che i settori ciclici hanno sottoperformato quelli difensivi di oltre il 2%, differenziale massimo dal giugno 2006. Certo, un divario del genere risulta tutt’altro che sorprendente in presenza di uno storno di queste dimensioni.
Inoltre, avendo l’ISM manufacturing sorpreso significativamente al rialzo il giorno prima, ed essendo migliorato il quadro sul trade, manca il catalyst per una tale presa di coscienza. Anche il membro Fed Williams, interpellato, ha dichiarato che le condizioni per il ciclo US restano favorevoli l’anno prossimo.
Si è diffusamente parlato di crescente scetticismo sull’accordo tra USA e Cina. Ci può assolutamente stare, viste le differenze emerse tra i resoconti delle parti, e l’eloquente assenza di dichiarazioni ufficiali da parte dei cinesi. In serata erano anche circolate indiscrezioni di una certa irritazione dei Cinesi a fronte delle esternazioni di Trump. Kudlow ha dichiarato che l’accordo sui dazi per le auto US in Cina ancora non è stato raggiunto. Detto ciò, i nei nell’ outcome del meeting non sono, a mio parere assolutamente sufficienti a scatenare un panico di quel genere.
Si è parlato (Bloomberg) di vendite forzate da parte di fondi quantitativi per 50 bln (pleonastico: se osserviamo una violenta discesa, c’è sempre qualcuno che vende).

Personalmente, ribadisco che una correzione, dopo un 6% in 6 sedute, era da mettere in conto, una volta deliverato un risultato positivo che era progressivamente diventato centrale nelle attese degli investitori (era anche il mio scenario). L’entità della correzione è stata amplificata da fattori tecnici:
** La giornata festiva di oggi in US, non calendarizzata, ad affrettare le prese di beneficio.
** la presumibile presenza di stops posizionate sotto il livello di 2750 (media mobile a 200 giorni, superata in gap lunedi). Qui possono aver avuto un ruolo i quant fund di cui riportava Bloomberg.

Di sicuro, vi è che l’indice è stato violentemente respinto dalla resistenza in area 2800 punti di S&P 500, dove già aveva picchiato a ottobre e nella prima metà di novembre (e ca cui era giunto un po’ iperesteso).

L’analisi tecnica ortodossa vede scattare vari allarmi: il fallimento alla MM200 gg, l’incombente Death Cross (media mobile a 50gg che interseca quella a 200). Personalmente sono meno pessimista, almeno finchè il doppio minimo non viene violato al ribasso. La Death cross è da tempo destituita di fondamento come indicatore, e la casistica relativa a storni superiori al 3% con passaggio sotto la MM200 mostra performance positive in 8 casi su 8 (courtesy of Steve Deppe).

Per il momento, immagino un’evoluzione analoga a febbraio/marzo/aprile.

Considerando il massacro ieri sera a Wall Street, la seduta asiatica non ha avito toni particolarmente drammatici. Tolte Hong Kong e Taiwan, gli altri indici hanno mostrato cali ben inferiori al punto percentuale. Notevole la resilienza di Tokyo (che però ieri aveva perso parecchio) e soprattutto di Shanghai, che ha conservato quasi per intero il robusto rialzo di lunedi, lasciando sul capo poco più di quanto recuperato ieri.
Su fronte macro, buone notizie per l’economia cinese. Il PMI servizi elaborato da Markit ha sorpreso significativamente al rialzo 53.8 da 50.8 e vs attese per 50.7). Per effetto del dato, il PMI composite cinese di novembre è passato da 50.5 a 51.9, sempre basso ma in stabilizzazione.
E’ il caso di moderare gli entusiasmi: il PMI servizi e assai meno seguito di quello manifatturiero, e i Markit meno considerati. Detto questo, un beat del genere può senz’altro costituire un primo segnale di effetti sul ciclo del massiccio stimolo erogato, ed è positivo vederlo comparire sui dati di Markit, che sono più immuni da influenze politiche e più incentrati sul settore privato. Tra l’altro, anche i PMI manifatturiero di Markit aveva performato meglio di  quello ufficiale.
Il quadro che emerge dagli altri PMI dell’area asiatica è accettabile:  stabile il Giappone (52.3) che ha tenuto i livelli buoni di ottobre, in ulteriore miglioramento quello dell’India (+1.5 a 53.7, 54.5 quello composite), +1.2 a 53.8 Singapore. Solo Hong Kong ha deluso (-1.5 a 47.1).

In una seduta a scartamento ridotto a causa della chiusura USA (per i funerali di Bush Senior), anche l’apertura europea ha avuto sostanzialmente un tono composto. I principali indici hanno aperto in calo attorno al punto percentuale.
Grande attesa c’era per le revisioni ai PMI servizi e composite Eurozone. Anche qui, notizie tutto sommato buone. Dati Eurozone migliorati rispettivamente rispetto alla rilevazione flash di 0.3 a 53.4 e 0.3 a 52.7. Alla fine, l’assestamento di novembre per il settore servizi europeo è di soli 0.3 punti, mentre il composite perde 0.4 a 52.7.
Sorpresa positiva dal dato italiano, tornato sopra la soglia di espansione (50.3 da 49.2 e vs attese per 49.3). Sembra che, effettivamente, nel crash di 4 punti di ottobre, vi fosse effettivamente una componente emotiva. Sarà comunque difficile evitare una recessione tecnica (2 trimestri di contrazione a fila) perchè il Composite è restato stabile a 49.3, ma la stabilizzazione è assolutamente benvenuta.
Questo dato, e gli ulteriori segnali distensivi sul fronte manovra (*DI MAIO SAYS `CLIMATE IS CHANGING’ IN BUDGET TALKS WITH EU) hanno offerto ancora supporto al BTP e a Piazza Affari. Il primo ha continuato a mostrare rendimenti in robusto calo, e la seconda ha passato la giornata ad outperformare gli altri indici europei.

A metà mattinata, fonti anonime hanno dichiarato a Reuters che il Governing Council sta pensando a mezzi per addolcire la pillola della fine del QE ai mercati. Rialzi del solo tasso di deposito, e TLTRO permanenti a tasso variabile stanno venendo prese in considerazione. Questa seconda ipotesi ha offerto un po’ di supporto a settore bancario.

Sul fronte trade, finalmente i Cinesi si sono fatti sentire. Hanno definito “riuscito” il summit e hanno dichiarato che inizieranno immediatamente a mettere in pratica gli accordi. Trump ha twittato che i segnali sono “forti”, a dimostrazione che intende continuare a “spingere” il deal. Notizie anche dai produttori di petrolio, i quali sembra si stiano accordando per un taglio complessivo di un mln di barili al giorno, per il primo semestre del 2019.
Su queste basi il sentiment ha recuperato un po’, e al momento della chiusura anticipata, i futures US segnavano in recupero attorno allo 0.6%.
Nel pomeriggio, però il timore che, alla riapertura ufficiale dei mercati americani domani, si riprenda a scendere, ha preso il sopravvento e gli indici europei, che avevano più o meno dimezzato le perdite, sono ritornati sui minimi. Stabili l’€ e i tassi core, lo spread è calato di 10 bp grazie alla forza del BTP.
Domani, con la riapertura USA, avremo il discorso di Trump post summit, e vari dati macro, compresi quelli che sarebbero dovuti uscire oggi, tra cui PMI servizi e Composite, ISM non manufacturing, ADP survey.