Nuovi record 2018 per spread e rendimento del BTP 10 anni

NB Lampi in ritardo e un po’ raffazzonato causa imprevisto in serata.

Passata la baldoria per l’approvazione del nuovo accordo  commerciale USA – Canada – Messico, la giornata è iniziata con un tono un po’ più sobrio in Asia. Eventualmente, Hong Kong, che ha riaperto oggi dopo il  week end lungo, ha mostrato maggior delusione per i PMI cinesi. D’altronde, le grosse banche cinesi rappresentano una quota importante dello HSCEI (-2.4%). Oltre a ciò, nel presentare la riedizione del NAFTA (ora denominato USMCA) Trump ha dichiarato che l’accordo è frutto dell’imposizione di dazi, che hanno portato i contendenti al tavolo, e quindi è inutile  lamentarsi del loro utilizzo. Ricordo che Shanghai resta chiusa per tutta la settimana, il che ha forse dirottato sulle “H” shares i flussi di vendita.
Tokyo ha ritoccato i massimi dal ’91,  pur chiudendo ben distante dai massimi di seduta. Negativi gli altri principali indici, ad eccezione di Mumbai, chiusa (Mahatma Ghandi day).

La risk aversion si è accentuata con l’apertura europea. In assenza di dati macro degni di nota, l’attenzione si è concentrata sullo scontro Italia EU sul budget e sulla carta italiana vendite aggressive sono partite sin dai primi scambi. Lo spread ha toccato 300 Bps alle 9.30 del mattino, per poi trascorrere il resto della mattinata tra quel valore e 290. Inevitabili le ricadute sui settori bancari italiano ed EU, e sugli indici generali, che hanno accumulato cali superiori all’1% entro metà mattinata. Significativo l’effetto anche sulla divisa unica,  giunta a lambire 1.15 vs $.

Alla ricerca dei catalyst,  molti si sono soffermati sulle  dichiarazioni del Presidente della Commissione Bilancio alla Camera Borghi sull’ € (“*BORGHI: ITALY WLD HAVE SOLVED FISCAL PROBS WITH OWN CURRENCY”). Personalmente, volendo indicare la più problematica delle mille dichiarazioni di oggi, sceglierei quella in cui Di Maio ha bruscamente segnalato la sua indisponibilità a rinegoziare i numeri (*DI MAIO: WE WON’T MOVE MILLIMITER FROM SET 2019 BUDGET PLAN). E’ evidente che è presto per cercare segnali di una possibile “nuova svolta moderata”, ma un atteggiamento cosi conflittuale da parte del  Vicepremier mi pare più rilevante dei rimpianti di Borghi, smentiti a stretto giro da Conte (*ITALY’S CONTE: EURO IS OUR CURRENCY, IRREVERSIBLE).

L’altro fattore non troppo incoraggiante è la  retorica di rimando dei leaders EU, decisamente poco conciliatoria. Circolavano ipotesi di una reazione cauta dell’EU, al fine di ridurre il  rischio di un dilagare delle formazioni populiste alle prossime elezioni europee in primavera, ma al  momento la principale preoccupazione di Juncker e C. sembra quella di evitare che una deriva italiana metta in discussione le regole europee e conduca ad una nuova crisi sovereign.
Naturalmente la circostanza che i dettagli della manovra non siano ancora noti (dovrebbero emergere stasera) non aiuta.

Su tutto pesa la perdita di credibilità del Ministero delle Finanze, che aveva dato l’impressione di riuscire a contenere lo sforamento entro livelli tacitamente concordati con Eu e  mercati, e  che è stato costretto ad una precipitosa retromarcia. Era stato lo stesso Tria a sostenere che eventuali aumenti del deficit oltre la soglia indicata avrebbero visto i loro effetti benefici cancellati dall’impatto sulle condizioni di finanziamento del debito pubblico e sugli investimenti. L’approccio al  livello di 300 dello spread, appena 3 giorni dopo l’annuncio non fa che confermare i suoi timori. Dovessero permanere queste condizioni di mercato,  raggiungere il  livello di crescita necessario a stabilizzare il rapporto debito/pil diventerà un impresa, qualunque sia il  contenuto della manovra o la crescita globale.
Tra l’altro, l’ambiziosità del programma di Governo (i conti sul  reddito di cittadinanza non tornano,  se non con somme assai inferiori a quelle progettate)  fa si che ulteriori sorprese non siano da escludere Esautorato Tria, chi si opporrà ad ulteriori aumenti del deficit in direzione del 2.9%-3%?

Queste sono le considerazioni che presumibilmente mantengono la pressione sugli asset italiani, a prescindere dalla headline del momento.
Il punto è: quanto di questa situazione, che comprende anche gli esiti del dibattito della legge in Aula, le reazioni EU (che a giudicare dai commenti sembra indirizzata verso un respingimento al mittente), le agenzie di rating nella seconda metà di ottobre, è prezzato nel livello di 300 di spread?

Probabilmente non poco. Purtroppo, l’impressione è che il newsflow rimarrà negativo, e il fatto di aver, in 3 sedute, superato i massimi di spread raggiunti nel 2018,  e segnato nuovi massimi di rendimento sul 10 anni (3.45% la chiusura odierna, massimo dal 2014) produce un quadro tecnico pericolante.
Violata la soglia di 300, l’impressione personale è che lo spread si incanalerà, nel breve, in un range tra questo livello e 350, mantenendo quindi il rendimento sotto la soglia del 4%, in un contesto assai volatile. Vedremo.

Durante la parte centrale della giornata, si è registrato un consolidamento. La parte breve, pesantemente scaricata nelle prime ore del mattino, si è stabilizzata, e l’azionario europeo, banche in testa, ne ha approfittato per recuperare un po’ di terreno, insieme con la divisa unica.
Nel pomeriggio, però, l’indebolimento è ripreso, pur senza la veemenza del mattino. In questa seconda fase, la parte breve ha tenuto meglio, restando ben distate dai livelli delle prime ore della giornata, mentre il 10 anni li ha superati. La maggior compostezza della price action ha imposto un dazio inferiore all’azionario continentale, che ha chiuso, grazie anche ad una Wall Street resiliente, con perdite intorno alla metà di quanto registrato in mattinata (Milano anche meglio). Discorso analogo per la divisa unica, che anzi ha recuperato quasi tutta la discesa mattutina.

Detto del calendario macro vuoto (ma prende vita domani) c’è stato tempo per un discorso di Powell in cui il Presidente FOMC ha sottolineato insistentemente la fase brillante che attraversa il ciclo USA, ma ha chiarito che non vi sono segnali evidenti che l’inflazione sta accelerando meno che mai sfuggendo al controllo. In generale una conferma dell’attuale stance FED.

Domani, oltre, presumibilmente, ai dettagli della nota di aggiornamento al DEF, avremo i PMI servizi e composite di settembre. Osservato speciale, visto l’affidamento che il Governo fa sulla crescita per ripianare il Deficit, quello italiano, anche se la fase recente di volatilità non può aver avuto ancora il tempo di impattare. In US avremo anche ADP survey, antipasto del labour market report di settembre, e l’ISM non manufacturing.