L’ISM non manufacturing USA di ottobre archivia per il momento i timori di imminente recessione.

NB: Lampi salta un giorno e torna giovedì 

Altra raffica di record ieri da parte degli indici azionari, con S&P500, Dow Jones e Nasdaq ai massimi storici (più  alcuni emergenti come il Bovespa), e Eurostoxx, Dax, CAC, Milano a segnare quelli dell’anno (nel caso di Parigi massimi dal 2007).
I temi restano quelli degli ultimi giorni, ovvero il newsflow tendenzialmente positivo sul trade, e il tendenziale recedere del  rischio recessione, che oggi riceve ulteriori argomentazioni dall’ISM Non Manufacturing USA di ottobre.

Stanotte il dibattito sulla possibile “fase 1” dell’accordo USA –  Cina ha aggiunto un nuovo capitolo, con indiscrezioni secondo cui la Cina vorrebbe, in cambio della firma, non solo la  cancellazione dell’imposizione dei dazi a Dicembre, ma anche l’eliminazione dei recenti aumenti dal 25 al 30%, e dei nuovi dazi imposti a settembre. L’aspetto importante è che anche da parte USA, secondo quanto riportato dal FT e dal  WSJ, si starebbe ipotizzando la riduzione di quanto già disposto, per cui l’impressione che si ricava è che effettivamente una riduzione reciproca dei dazi è attivamente presa in considerazione da ambo le parti. L’idea che l’eventuale accordo porti in dote una marginale riduzione degli attuali ostacoli al trade, ne aumenta l’appeal agli  occhi degli investitori,  visto che il consenso era per una tregua che evitasse ulteriori escalation,  ma non modificasse troppo lo status quo.
Certo, non tutte le news sono costruttive. Stamattina Market News ha riportato che la Cina non ha intenzione di acconsentire a tutte le richieste USA nel campo delle proprietà intellettuali. Inoltre il Ministero del Commercio ha messo in dubbio i proclami di Trump secondo cui la Cina potrebbe comprare tra 40 e 50 bln $ l’anno di derrate agricole, osservando che il picco è stato nel 2013 con 29 bln. Notizie che in un altra fase avrebbero ottenuto un impatto, ma in questa sono passate quasi inosservate.

Sul fronte macro, stamattina è stata la  volta del PMI Markit servizi cinese di ottobre, uscito in calo di 0.2 a 51.1 in linea con le attese. Deboli anche i sottoindici, con i new orders -1.6 a un pur sempre positivo 52.2. Marginale recupero per gli export orders (+0.2 a 52.3). Per effetto della forza del manifatturiero, pubblicato la scorsa settimana, il PMI composite a ottobre è salito di 0.1 a 52. Da notare che, in base ai report Markit, il manifatturiero cresce marginalmente più dei servizi, in Cina,  per la  prima volta dalla seconda metà del 2017. Riguardo gli altri paesi, si fa notare l’accelerazione dell’attività dei Servizi in india, il calo a Singapore ed il crash ad Hong Kong, per ovvii motivi.

La price action è risultata comunque positiva per tutti gli indici asiatici ad eccezione di Mumbai. Tokyo, alla riapertura dopo la festività ha staccato  il nuovo massimo da 12 mesi, mentre i recuperi degli altri indici sono stati più modesti. La PBOC ha compiuto una mossa dimostrativa, tagliando di 5 bps i tassi della sua medium term lending facility. Si tratta del  primo taglio dalla  prima metà  del  2016. Sta di fatto che Shanghai ha messo a segno la terza seduta positiva di seguito, e lo Yuan ha scambiato sotto il livello di 7 vs $ per la  prima volta da agosto scorso, quando vi fu l’ultima escalation.

Dopo la baldoria di ieri l’apertura europea è stata cauta. Ma il movimento di salita dei tassi è continuato, cosa che ha messo ancora di buon umore il settore bancario. La festività  di Ognissanti ha fatto passare a domani la pubblicazione dei PMI finali servizi e Composite Eurozone, ma il report UK ha dato un assaggio, con entrambi i numeri sopra attese (rispettivamente +0.5 a 50 e + 0.7 a 50). Le good news hanno marginalmente accentuato il recupero dei rendimenti.
L’azionario Eurozone ha così approcciato il  primo pomeriggio in ulteriore modesto recupero.

Non troppo bene le revisioni dei PMI servizi e composite USA di Ottobre nel pomeriggio. Il dato servizi ha perso 0.4 rispetto alla release flash, fermandosi a 50.6, ben poco sopra la soglia di stagnazione. Il risultato è stato che il dato composite ha perso 0.3 a 50.9. Il livello dell’attività dei servizi registrato da Markit è ai minimi da inizio 2016, e i new orders sono a 50, in pratica stagnanti. Ma, se non altro, l’outlook per il  2020 è salito ai massimi da 4 mesi.

Tutt’altra musica sul più seguito ISM non manufacturing di Ottobre (54.7 da prec 52.6 e vs attese per 53.5), che ha messo a segno un robusto rimbalzo dal livello di settembre, che aveva contribuito, insieme con l’omologo manifatturiero, ad alimentare i timori di brusco rallentamento dell’economia USA. Tra i sottoindici, ulteriori segnali di rimbalzo, con il new orders +2.9 a 55.6, business activity + 1.8 a 57 e Employment +3.3 a 53.7.
Questa dicotomia tra ISM e Markit mi pone personalmente qualche problema di coerenza, avendo io recentemente argomentato, di fronte al crash degli ISM, che i PMI avevano già anticipato il movimento e, almeno nel caso del manifatturiero, suggerivano una stabilizzazione.
Detto questo il report odierno, insieme al labour market di venerdì scorso, risulta difficilmente coerente con i venti di recessione che si erano impadroniti del mercato tra settembre e la prima metà di ottobre.
I numeri hanno ulteriormente accelerato la salita dei rendimenti treasury, e rafforzato il Dollaro, mentre l’azionario USA ha operato un modesto “sell the news”, per ora parzialmente rientrato. Coerentemente pesanti i metalli preziosi, mentre le commodities industriali, oil in testa, hanno ben figurato.

Complice un settore bancario in forma, grazie al movimento sui tassi e alla buona trimestrale di Intesa Sanpaolo, e l’€ debole, per effetto delle news US, l’azionario Eurozone non ha risentito granchè delle modeste prese di beneficio USA e chiude con il grosso degli indici Eurostoxx in testa, a ritoccare i massimi. Significativi i rialzi dei rendimenti, con lo spread in calo di 1 bps.

Come osservato ieri, e come normale dopo un rally di oltre un 7.5% dai minimi del 2 ottobre (sia per S&P che Eurostoxx), molti segnali di sentiment hanno cambiato volto. Ad esempio Il differenziale tra bull e bears di AAII, a livelli estremi di negatività nella prima metà di ottobre (vedi link), è tornato positivo, e il Fear/ Greed index di CNN, che 1 mese fa segnava “fear” ora segna “extreme greed”.


Per fare una sintesi, la differenza tra Dumb money confidence e Smart money confidence di Sentimentrader è tornata stabilmente sopra 50% a segnalare una larghissima parte di indicatori di breve che mostrano eccesso di ottimismo.
In sostanza, questo tipo di letture di solito indica un elevata probabilità di osservare per lo meno un consolidamento, quando non una correzione del movimento. In questo senso la  situazione attuale suggerirebbe di evitare di inseguire il mercato, ed eventualmente prendere un po’ di beneficio, in attesa di livelli più appetibili.
E’ il caso di osservare, però, che, quando una situazione come questa, che possiamo definire di ipercomprato di breve, si protrae nel tempo, è segnale di un buon tono di fondo del mercato. Un fenomeno del genere si è osservato, in grande stile, nel 2017, quando livelli estremi di ottimismo si sono protratti per lunghi mesi ( e infatti la performance cumulata è stata eccezionale). Senza andare a fare raffronti così impegnativi, ho l’impressione che in questo caso vi sia una probabilità superiore alla media di assistere ad un protrarsi di questi livelli di “complacency” da parte di questi indicatori e ad un mercato che risolve la situazione di ipercomprato più  lateralmente, che mostrando significative correzioni. Questo perchè:
1) effettivamente i peggiori timori sul fronte macro e sul trade non si stanno concretizzando e il mercato è mal posizionato
2) il livello di pessimismo e di difensività del posizionamento raggiunto in autunno è piuttosto elevato
3) finora non abbiamo assistito ad una significativa capitulation con volumi, che segnali un serio riposizionamento strategico.