L’ECB si mostra aggressiva, l’azionario corregge, volano i rendimenti.

La giornata dell’ECB è iniziata con un tono contrastato in Asia. La maggior parte degli indici ha preso spunto dalla forza di Wall Street ieri sera (mercoledì). La piazza USA è stata oggetto di un poderoso (per  i tempi) short squeeze, che ha prodotto un balzo dell’ 1.83% per l’S&P 500 e un + 2.07% per il Nasdaq 100. Il movimento è  stato  aiutato da una correzione dei rendimenti USA, dai massimi di periodo raggiunti la seduta precedente.
Tra l’altro, il Beige Book FED ( link ) pubblicato ieri sera non ha confermato la forza dell’economia risultante dall’ISM services. Il  report ha indicato che
** l’attività è “invariata” da inizio luglio, con 5 distretti a indicare crescita tra modesto e lieve (slight to modest), e altri 5 a indicare un calo tra il modesto e il lieve.
** I consumatori hanno mantenuto stabile la  spesa, ma spostando gli acquisti da beni durevoli a cibo e beni necessari.
** l’immobiliare residenziale si è significativamente indebolito,  con vendite in calo in tutti i distretti.
** L’outlook per la  crescita resta debole,  con i distretti che riportano attese di calo della domanda nei prossimi 6-12  mesi.
Insomma non proprio un quadro robusto.

Tornando a oggi,  le piazze di Tokyo, Taiwan, Sydney, Mumbai e Jakarta hanno messo a segno progressi decenti. Meno brillante Seul, solo marginalmente positiva, e Vietnam, in calo. A spingere l’azionario giapponese (Nikkei + 2.3%) anche il DDP del secondo trimestre, rivisto  significativamente al  rialzo (dal 2.9% al 3.5% annualizzato).
A guastare la festa, come spesso di recente, il China Complex, con Hong Kong e le “H” shares cinesi giù di oltre un punto e le “A” shares a mostrare ribassi più  contenuti. Come motivazione per questa controtendenza, è stato citata l’estensione del lockdown a Chengdu, a 65 milioni di persone. Poi, non che abbia rilievo per  la  performance odierna dell’azionario cinese,  ma si comincia a riguardare lo stato delle riserve valutarie. Bloomberg ( link ) ha  notato che queste sono tornate a calare, e sono ai minimi dal 2018. La portavoce  del State Administration of Foreign Exchange ha dichiarato che le misure varate produrranno una stabilizzazione. Il calo sarebbe dovuto al  deprezzamento degli strumenti finanziari in cui sono investite. Ma queste riserve sono anche un baluardo contro la svalutazione e infatti nel 2016 la difesa del cambio portò a un brusco calo del loro ammontare. Un eventuale discesa può  dipendere anche da una ripresa delle fughe di capitale dal paese. Vista la direzione del cambio, il fenomeno mi pare già in corso.

L’azionario Eurozone, all’apertura, ha cercato  di fattorizzare la  performance di Wall Street ieri sera, ma dopo i primi scambi, i mercati sono divenuti preda del nervosismo pre ECB, e i progressi sono stati cancellati. Analogo il  comportamento dei bonds Eurozone che, dopo aver aperto coi rendimenti in calo in simpatia con il treasury, hanno poi ceduto terreno. L’€ ha continuato a oscillare attorno ai livelli di chiusura di ieri. Sempre debole  il petrolio, con chiara trepidazione per l’uscita delle scorte EIA .

Al nuovo orario delle 14.15, l’annuncio. Come da  larghe attese, i tassi sono stati alzati di 75 bps. E’ stato chiarito che, con il ritorno del depo sopra zero, il sistema  di doppio tier per la remunerazione delle riserve non è più necessario. Nello statement,  si è osservato che che la mossa è resa necessaria dal livello molto troppo elevato dell’inflazione, che rischia di rimanere a lungo sopra il target. Infatti le  previsioni di inflazione sono state portate al 8.1% per il 2022, al 5.5% nel 2023 e al 2.3% per il  2024 (da rispettivamente 6.8%, 3.5% e 2.1% di giugno). Quindi non si prevede un rientro al target nell’orizzonte temporale considerato.
L’accelerazione verso una politica monetaria più restrittiva serve a impedire un persistente aumento delle aspettative di inflazione. Per cui i rialzi proseguiranno.
Si è preso atto che i dati indicano un rallentamento ciclico in Eurozona, con possibile  stagnazione nella parte finale del 2022 e nel primo trimestre del 2023.  Le  previsioni di crescita sono state portate al 3.1% per il 2022, allo 0.9% per il 2023 e al 2.3% per il  2024 ( da  2.8%, 2.1% e 2.4% di giugno). Quindi lo staff non si è  spinto fino a prevedere una recessione, cosa che avrebbe reso più  complesso giustificare questo corposo rialzo dei tassi, il più alto della storia dell’ECB. Uno scenario “politico” a mio parere.
Si è confermato che i reinvestimenti delle revenues del portafoglio continueranno almeno fino al 2024 e saranno portati avanti con flessibilità, per preservare la trasmissione della politica monetaria. Infine, si è ricordato che il TPI (Transmission Protection Instrument) è  operativo per contrastare dinamiche di mercato “disordinate e ingiustificate”, al fine di permettere al Governing Council di perseguire il  suo mandato.

Alle 14.45 una Lagarde oggi alquanto impacciata ha illustrato le decisioni e risposto alle domande dei cronisti. La mossa  ha ricevuto consenso unanime del Governing Council. Non è da considerare una mossa normale, ma questa non è una situazione normale. Christine ha chiarito più volte che non sa quanto alzeranno, ne quale  sia il tasso neutrale, anche se è  sicura che sia sopra gli attuali livelli in maniera significativa. In ogni caso l’importo dei rialzi sarà determinato dai dati. Interpellata sull’ottimismo delle previsioni macro, la Lagarde ha ammesso che esiste un worst case scenario che prevede una recessione. Infine ha ribadito che il  TPI è attivo, e si è lanciata in una previsione secondo la  quale i rialzi prossimi potrebbero essere più  di 2 ma meno di 5. Un quadro che, in assenza di indicazione dell’entità  dei rialzi resta alquanto indeterminato,  ma ha inizialmente contribuito ad un po’ di ottimismo.

Già,  perchè dopo un iniziale fase di risk aversion, prodotta eventualmente dalla retorica allarmata sull’inflazione da parte di Christine e dal pessimismo che è trapelato  dalla  sua descrizione dei problemi in cui si dibatte l’economia, l’azionario si è ripreso, trainato da una Wall Street ancora in pieno short covering, e così gli indici Eurozone si sono affacciati in positivo,  mentre i rialzi dei rendimenti si sono  ridotti di entità. In grandissimo spolvero il  settore bancario, allettato  dalla prospettiva di vedersi nuovamente retribuire le  riserve in eccesso parcheggiate presso l’ECB.
L’€ poi ha ceduto  un po’ di terreno,  secondo il  più classico dei “sell the news”.
Una reazione che deve avere disturbato i falchi del  Governing Council, che al momento sembrano in controllo dell’assemblea. Infatti, puntuali sono comparse le  precisazioni da fonti anonime,  secondo le  quali anche al prossimo meeting potrebbero essere confermati i 75 bps di rialzo, e si potrebbe cominciare a discutere di quantitative tightening.
*ECB OFFICIALS DON’T EXCLUDE 75 BASIS-POINT RATE HIKE IN OCTOBER
*ECB QT EXPECTED TO BE DISCUSSED AT OCT. 5 MEETING, LATER DATES

L’impatto di queste headline è stato abbastanza dirompente.  Intanto, Le attese del mercato  erano per un rialzo da 75 bps in uno dei prossimi 2 meeting (quello odierno o  quello del 27 Ottobre) ma non in tutti e 2. E poi, la  riduzione del bilancio non era stata minimamente contemplata nello statement,  ed era stata dismessa  dalla Lagarde, in quanto non ancora di attualità. Infine, le precisazioni sono arrivate alle 18,  a  mercati cash azionari e obbligazionari EU  chiusi,  con la liquidità  sui futures ridotta ad ampliare l’entità  dei movimenti. Così  i futures azionari e obbligazionari sono tornati a calare bruscamente, e l€ ha ripreso un po’ di vigore. I movimenti  sono però arrivati troppo tardi per influenzare le chiusure del cash.

Successivamente, Wall Street ha ricominciato a macinare, trainata da  quello che sembra un deciso miglioramento del tono nelle ultime ore. Infatti, per il momento ne sussidi di disoccupazione ancora sotto attese, ne le  intemperanze dei falchi ECB, ne un Powell ancora molto  aggressivo sono riusciti a frenarla  efficacemente.
*POWELL: FED’S VIEW THAT WE NEED TO ACT FORTHRITHLY ON INFLATION
*POWELL: FED NEEDS TO ACT NOW TO AVOID SOCIAL COSTS OF INFLATION
*POWELL: FED WILL KEEP AT IT UNTIL THE JOB IS DONE ON INFLATION
*POWELL: HISTORY CAUTIONS AGAINST PREMATURELY LOOSENING POLICY

Così i futures Eurozone si sono nuovamente ripresi, ma quelli obbligazionari continuano a indicare rendimenti in marcato rialzo, e spread in allargamento. Vedremo domani quanto saliranno i rendimenti rispetto alle chiusure odierne, che sono già  in doppia cifra. L’€ si è  riportato sulla  parità.
Che dire di questa mossa dell’ECB, e del rumoreggiare dei falchi?
L’inflazione in Europa è elevatissima, e probabilmente ha ancora una fase di ascesa davanti, se i prezzi alla produzione forniscono una anticipazione corretta. La  condotta della Banca Centrale è  quindi più  giustificata –  a mio modo di vedere – di quella della FED. Ma, al  punto in cui siamo, è  da dimostrare che alzare aggressivamente i tassi, al cospetto di una probabile recessione, sia una strategia vincente, anche in presenza di forte inflazione. In particolare se questa è per una buona parte da costi.
Per questo motivo, concordo che non ci sono le condizioni per lasciare i tassi a zero, ma sono meno convinto che sia il  caso di promettere una serie di rialzi (il mercato  vede oltre un 2% per Febbraio) senza avere idea di come evolveranno i) i dati, ìì) i fenomeni che hanno contribuito a creare questo  stato di cose (guerra, crisi energetica).
L’€, che di fronte a tanta aggressività fatica a tenere la parità, sembra condividere i dubbi su questa aggressività.