La May al momento della verità.

Negli ultimi giorni il calendario macro ha riservato alcuni colpi di scena che vale la pena di riepilogare, riprendendo il commento dopo qualche giorno.
** L’atteso trade balance cinese di Febbraio non ha confermato i passi avanti di quello di Gennaio. L’avanzo commerciale è collassato a 4 bln $ a causa di un crollo delle esportazioni (-20.7% da +9.1% e vs attese per -5%). Chiaramente, qua siamo di fronte a un payback del boom di gennaio pre Festività. Anche l’import ha deluso (-5.2% da prec -1.5% e vs attese per -0.6%), correggendo il recupero di gennaio. Va detto che la delusione proviene da import agricolo e da tech, settori impattati dai dazi e dalla trade war, mentre quello di greggio e materiale ferroso è salito. Mettendo insieme i primi 2 mesi del 2019 per attenuare l’effetto festività, la crescita delle importazioni e esportazioni resta negativa anno su anno, anche sicuramente la base elevata incide (nello stesso periodo dell’anno scorso avevamo dati attorno al +22/23% anno su anno). In generale, un report che ridimensiona il messaggio di Gennaio, senza destituirlo di fondamento però. Vedremo che ci dirà marzo. Le avvisaglie sembrano buone. Ni Yuefeng, head of the General Administration of Customs ha dichiarato che da metà febbraio il trade con l’estero ha guadagnato il 21% anno su anno e i primi 8 giorni di marzo la crescita è anche maggiore.
** Anche i dati sul credito cinesi di Febbraio, dopo la baldoria di Gennaio, sono risultati sotto attese, con il Total Social Financing a 700 bln vs 1300 stimati, e da precedenti 4635 bln. Il Governatore Yi Gang ha però dichiarato che i dati sono distorti dalla stagionalità e che quelli da considerare sono i dati medi del trimestre. Sui 2 mesi l’accelerazione del credito resta significativa (+25% total social financing). Infine, le riserve valutarie cinesi hanno mostrato una crescita marginale.
** In US, il mercato del lavoro USA ha mostrato una crescita di nuovi occupati minima (25.000 da precedenti 308.000 e vs attese per 170.000). L’estrema forza del dato di gennaio lascia intuire che il flop ha a che vedere con la volatilità della serie, più che con un materiale deterioramento del mercato del lavoro. Tanto più che la household survey segnala invece 255.000 nuovi occupato, e una disoccupazione che scende al 3.8%. Forti i salari orari.
** Le retail sales USA di febbraio hanno mostrato un discreto rimbalzo (control group a +1.1% vs +0.6% atteso), ma le revisioni ai mesi precedenti, anzichè correggere il crollo di dicembre, lo hanno accentuato, destituendo di fondamento la teoria di una distorsione nella serie (anche se non si spiega il contrasto con le redbook samestore sales e i risultati di Walmart).

In sostanza, i dati cinesi non hanno offerto per il momento le conferme che cercavo, ma in generale il newsflow non nega ancora la storia di reflation che si intravede nella performance dei mercati azionari e della divisa. E’ certo che entro la fine del primo trimestre i dati devono decisamente cambiare tono, perché la storia resti plausibile. Le autorità continuano però a segnalare supporto per la piccola e media impresa ed easing monetario, mentre sul fronte fiscale le misure dovrebbero ingranare a in corso d’anno.
In US i dati continuano a uscire in chiaroscuro. Se, singolarmente, le defaillances (ISM manufacturing, Payrolls di febbraio, retail sales di gennaio) possono essere spiegate, il loro accumularsi sembra indicare che il ciclo USA sta attraversando una fase meno brillante.

Gli effetti di questi dati si sono notati la scorsa settimana sui mercati, ma già ieri il rimbalzo è stato notevole. Difficile dire a cosa sia dovuto il recupero (anche perchè ero fuori ufficio). Dovendo indicare dei driver, elencherei:
** La circostanza che Wall Street era scesa per 5 sedute a fila la scorsa settimana, evento alquanto raro, al quale le statistiche assegnano un buon record (selezionando tutti i precedenti, la performance mediana a 1 giorno era +1,% e quella a una settimana a +4%). Tra l’altro, l’S&P ha testato la media mobile a 200 giorni giovedi, che era il target minimo che avevo indicato come obiettivo dopo il fallimento a 2.800 punti.
** La forza dei mercati cinesi, seguita alla serie di dichiarazioni dei leaders a latere del National People Congress, su stimolo fiscale e monetario, nonchè indiscrezioni di Xinhua secondo cui le parti USA e cinese sarebbero intente a definire i termini dell’accordo e i futuri steps della negoziazione
** Una lettura positiva del rimbalzo delle retail sales USA, senza dar troppo peso alle revisioni ai mesi precedenti.

La forza di Wall Street di ieri si è riflessa sull’Asia stamattina, con tutti i principali indici a mostrare robusti guadagni, ad eccezione di Sydney, depressa da dati di business confidence peggiori delle attese.
L’apertura europea è avvenuta sugli stessi toni, ma il movimento non ha tenuto. Alle 9, apertura del cash, gli indici avevano azzerato i guadagni, senza apparente spiegazione, se non un € in forte recupero. Anche qui senza una spiegazione ovvia, visto che il balzo della Sterlina era avvenuto ore prima, e che comunque a fine seduta europea le 2 divise avrebbero preso direzioni opposte.

Già. Perchè oggi è la giornata del voto sul nuovo accordo della May per la Brexit al Parlamento UK. L’esuberanza iniziale del Pound è stata dovuta alla notizia che la Premier e Juncker, ieri sera avevano dichiarato di essersi accordati su una nuova versione di “brexit deal”, che includeva alcune garanzie legali per il Regno Unito, di poter terminare ad un certo punto la “soluzione temporanea” per il confine UK Irlanda. l’idillio è durato fino alla tarda mattinata, quando il procuratore Generale Cox ha dichiarato che il nuovo accordo riduce il rischio di una permanenza dell’Inghilterra in una soluzione temporanea, ma che sostanzialmente il legal risk resta inalterato. Così la Sterlina, che si era giovata anche di dati UK migliori delle attese, ha invertito completamente la direzione, andando a scontare un’altra cocente sconfitta per la May, con rischio di dimissioni e eventualmente nuove elezioni.

Il tempo di dare un occhio, nel primo pomeriggio, al CPI USA di febbraio (headline in linea, e core sotto attese a confermare la validità dell’atteggiamento paziente della FED) ed è cominciata la conta dei voti per stasera alle 20, ora italiana. E’ sembrato di poter contare su un astensione di parte del gruppo no Euro dell’ERG, il che ha lasciato intendere una sconfitta onorevole per la May (con possibilità di proseguire le negoziazioni). E quindi la Sterlina ha recuperato terreno, per poi perderlo di nuovo quando il DUP ha dichiarato voto contro.
L’unica cosa quasi certa sembra essere la richiesta, dopodomani, di un estensione dell’articolo 50 all’EU. Per il resto, potremmo avere una sconfitta di misura del Governo, con possibile ripresa delle trattative dopo la richiesta di estensione, oppure dimissioni e nuove elezioni in caso di un altra Caporetto. Nel primo caso il mercato la prenderebbe benino, altrimenti l’incertezza crescerà. Una vittoria della May, che verrebbe presa molto bene, sembra da escludersi.

Nel frattempo Wall Street, forte della pazienza della FED (ribadita anche da Powell nel week end) e della moderazione dello scenario inflattivo USA, ha ripreso a macinare. L’incombere del voto al Parlamento UK ha alimentato un clima di attesa in Eurozone, coi principali indici poco mossi. Come accennato sopra, solo la Sterlina perde significativamente terreno VS un Dollaro tendente al debole (per i motivi di cui sopra). Sul fronte tassi, la giornata è partita con i rendimenti in rialzo, ma l’attenuarsi del risk appetite in Europa e i dati USA hanno fatto invertire la marcia ai  bonds. Il BTP, va incontro alle aste di domani (7.75 bln su 3, 7 e 20 anni) con spread stabile.

E ora godiamoci la May al Parlamento inglese, senza speranza che si tratti dell’ultimo capitolo.