La FED fa tightening ma il mercato dei bonds fa easing, su le borse.

Ieri sera, la FED ha alzato i tassi di 75 bps come da attese. La guidance è stata in effetti accantonata, e Powell ha dichiarato che,  sebbene nei prossimi meeting  sia  sensato attendersi ancora rialzi dei tassi anche robusti, d’ora in poi l’entità di questi dipenderà dai dati che escono e non vi sarà più  alcuna indicazione nella forma usata finora [e recentemente disattesa]. Detto questo, secondo il  presidente FED la Dot Plot prodotta al FOMC di Giugno, l’ultimo corredato da projections, indica ancora il percorso di rialzo più probabile in base alla loro view.
Nello statement si è ammesso che recentemente i consumi e  la produzione si sono indeboliti, ma si è  aggiunto che il  mercato del lavoro resta solido e  l’inflazione elevata.
Altre concessioni di Powell alla cautela sono state fatte quando ha ammesso che i rialzi da 75 bps sono “inusualmente elevati” e che ,  raggiunto un certo livello di restrittività, bisognerà  rallentare il  ritmo del tightening.
La reazione del mercato è stata di deciso sollievo, con l’azionario in forte recupero (S&P 500 + 2.62% Nasdaq 100 + 4.26%), il  Dollaro in calo insieme ai rendimenti. Una reazione presumibilmente legata  ad una commistione delle seguenti motivazioni
** il rialzo è  stato in linena con le attese e i 100 bps sono stati evitati
** il tono è stato lievemente più  dovish delle attese
** il fatto che il prossimo percorso sia “data dependant”, visto il tenore dei dati macri, lascia intendere che i rialzi potrebbero essere meno di quanto temuto. Infatti il pricing dei rialzi è calato, con il 2 anni treasury tornato sotto il 3% in chiusura.

Dopo la chiusura USA, Meta (Facebook) ha deluso, marcando il primo calo delle revenues della sua  storia, e una guidance debole per il terzo trimestre. ( link ).  Questo ha levato un po’ di forza al Nasdaq future a inizio seduta asiatica.

Il tono USA si è comunicato all’asia in maniera disuniforme. Vietnam,  Seul, Jakarta, Sydney e Mumbai hanno mostrato progressi decenti, mentre Tokyo, Hong Kong, “H” e “A” shares cinesi, Taiwan sono risultate poco mosse o marginalmente negative.
Il Politburò cinese ha dato un quadro dell’economia mediocre,  ma non ha segnalato nuove iniziative di stimolo, al di  la  di una determinazione a sostenere il settore immobiliare, che si sta avvitando di nuovo a causa del boicottaggio dei mutui, che si estende ai fornitori dei costruttori. Il FT ( link ) ha riportato che le Autorità  stanno cercando di mettere a  disposizione 1 trilione di yuan per rifinanziare i progetti immobiliari che il cui completamento è stato sospeso a causa della mancanza di fondi. E’  stata però confermata una volta di più la strategia zero covid.
** CHINA POLITBURO HOLDS MEETING THURSDAY: XINHUA
** CHINA POLITBURO CALLS FOR STABILIZING PROPERTY MARKET: XINHUA
** CHINA POLITBURO VOWS TO KEEP FINANCIAL MARKET STABLE: XINHUA
** POLITBURO SAYS CHINA WILL STICK TO COVID ZERO: XINHUA

La seduta europea è iniziata con i mercati vogliosi di fare catch up con la forza di Wall Street di ieri sera. Ma non è  durata molto, li per li. hanno cominciato a uscire i dati di inflazione di luglio degli stati tedeschi e si è capito che avremmo avuto ancora una lettura molto elevata. Brutti anche i dati di confidence (Industrial, Services e Consumer) in Eurozona.
Così i rialzi sono sfumati e i mercati si sono messi in posizione di attesa per i numeri USA del pomeriggio.
Come di recente, lo spettacolo non è mancato.

Ebbene si, alla  prima lettura,  il  GDP del  secondo trimestre è  risultato negativo, cosa che si qualifica  come una recessione tecnica (2 contrazioni di seguito). Non che la  faccenda  rilevi più di tanto: come chiarito  giorni fa ( a questo link il pezzo ), la vera  recessione la  certifica  il NBER e richiede, tra l’altro, cali occupazionali e di produzione che ancora non ci sono. In questo caso alla  contrazione di Q1 ha contribuito un contributo ultra negativo del canale estero e in questo uno delle scorte. E comunque siamo alla prima lettura, e questo risultato può tranquillamente essere sovvertito nelle prossime stime. Detto questo,  con l’aria che tira, non si può certo escludere che anche il terzo trimestre sarà negativo, e  in ogni caso i segnali di recessione in arrivo, con buona pace della Fed, si moltiplicano. Scorte a parte (-2%) , il -0.9% annualizzato verde un contributo negativo di 0.71% da  parte dell’investimento in residenziale, contributo che è  destinato a peggiorare come sappiamo nei prossimi mesi. E i consumi hanno  rallentato parecchio, deludendo attese già  basse.

Sopra attese il PCE index, ma il  dato core  ha rallentato  in linea con le  stime.
Brutti anche i sussidi di disoccupazione, in calo ma da un dato della settimana precedente rivisto al rialzo di 10.000 unità. Meglio però il kansas City  Fed manufacturing, che ha sorpreso in positivo come  Empire e Richmond; mentre Dallas  e Philly Fed hanno fatto molto peggio. Vediamo  domani il Chicago PMI e poi da lunedì gli ISM.

E veniamo alla reazione dei mercati.  I rendimenti hanno preso a calare in maniera violenta, non solo in US, ma –  attenzione –  anche in Europa dove un inflazione tedesca flash di luglio sopra stime è  stata sorprendentemente accolta da un rally dei bonds che ha coinvolto core,  e periferia.

I cali dei rendimenti europei hanno superato agevolmente le 2 cifre sulla stra grande maggioranza degli emittenti e delle scadenze, come si nota dallo  schema  sotto. E questo nonostante domani debbano ancora uscire i CPI di Spagna,  Italia, Francia ed Eurozona per luglio.

Meno rilevanti,  ma sempre forti i cali dei rendimenti USA, che se non altro hanno avuto lo stimolo  di dati deboli (anche se il GDP, al di la del discorso sulla recessione tecnica, è un po’ old news).
Ancora più contro intutiva è stata la reazione dell’azionario continentale, che aveva languito per tutta  la  tarda mattinata, ma dopo i numeri si è  lanciato in un rally forsennato che ha portato i principali indici  (e Piazza Affari su tutti) a chiudere in significativo rialzo.
Qual’è  il motivo di tanta euforia?
L’impressione personale è che il mercato azionario, in US e in Eurozone, stia andando a scontare il fatto che un ciclo macro in forte indebolimento fermerà la mano alle banche centrali, e  le costringerà a tornare sui propri passi. La cosa è perfettamente rappresentata dalla Fed Funds strip, che vede i tasi raggiungere il picco tra dicembre e gennaio prossimi al 3.25% e poi tornare indietro al 2.7% nel corso del 2023.

La curva europea sta rapidamente andando a prezzare un percorso più smussato, ma simile, con il 2 anni tedesco che dall1.25% fatto segnare a metà  giugno, è tornato allo 0.25% odierno, minimo dal  5 maggio.

In soldoni, il mercato dei tassi sta dicendo alle banche centrali “non solo non potrete essere aggressive quanto credete, ma dovrete rimangiarvi parte di quanto fatto”. Il  rientro delle attese di inasprimento della politica monetaria, insieme con un positionig molto scarico (ricordo tutte le osservazioni di qualche tempo fa sul positioning e sentiment) e un earning season che in particolare in Europa sta risultando ancora in generale positiva favorisce il rimbalzo che stiamo osservando nelle ultime settimane. Questo è  particolarmente visibile nello squeeze di Piazza Affari,  dove le vicende politiche hanno reso gli investitori ancora più prudenti.
Ovviamente, a questo quadro manca ancora la  definitiva entrata in recessione delle economie, con il relativo impatto su consumi, investimenti e profitti dei prossimi trimestri. In altre parole i mercati hanno prima scontato l’arrivo dell’inflazione e l’esplosione dei tassi di interesse, ora stanno prezzando il  rientro di questi 2 fenomeni, ma ancora solo parzialmente il rallentamento del ciclo.
Per questo mi attendo un riitorno della volatilità  sui mercati, ma non prima che questo rally produca un riequilibrio finale del positioning, inducendo gli investitori a  ricoprirsi.

Venendo a Wall Street, la piazza USA ha inizialmente intrapreso la via del ribasso, quasi a mostrare che, con dati del genere e un rialzo dei tassi da 75 bps della FED, una correzione fosse doverosa.  Ma poi si è  instaurata una dinamica simile a quella europea e al momento l’S&P 500 sta costruendo sui guadagni di ieri.
Detto della chiusura dell’azionario continentale e dei rendimenti in fortissimo calo, resta da  citare il calo dell’€ seguito al violento calo dei tassi reali europei,  con i breakeven sostenuto dall’inflazione tedesca e il  timore dei numeri di domani.