In pochi si aspettavano un Powell cosi ottimista e aggressivo….

La giornata dell’esordio ufficiale di Powell è  iniziata con un tono contrastato in Asia.
Ieri sera Wall Street ha continuato il recupero,  incurante dei dati, delle schermaglie sul global trade tra USA e resto del mondo, e dell’incombere del Humpfrey-Hawkins (testimonianza del Presidente FED alla Camera, seguita da quella di giovedi al Senato). Tech, financials e industrials continuano a trainare, anche se in questo caso le telecoms sono state il settore migliore. Manco a dirlo, la versione personale delle FANG shares (in indice che aggrega Facebook, Apple, Amazon, Google e Microsoft) ha già  recuperato interamente la correzione e fatto nuovi massimi.

L’Asia, si diceva, non ne ha tratto troppa ispirazione.
Tokyo ha approfittato del clima positivo (e del modesto ritracciamento dello Yen), ma gli indici cinesi hanno corretto marcatamente, trainando al ribasso anche Hong Kong e Taiwan. Tra i motivi per la negatività, la comparsa sui media di indicazioni che la People Bank of China probabilmente risponderà ad un rialzo dei Fed Funds alzando i tassi delle operazioni di rifinanziamento. Si tratta di una scusa, visto che le modifiche effettuate in occasione dell’ultimo rialzo FED sono state trascurabili (5 basis points). Ma certo, l’incombere della testimonianza di Powell qualche nervosismo alla parte emergente dell’Asia era lecito che lo procurasse. Poi,  altri hanno legato la correzione a preoccupazioni per l’esordio dell’earning season cinese. La verità è che il recupero dalla chiusura del 9 febbraio ammontava a oltre 6% in appena 6 sedute e un consolidamento era da mettere in conto. Poco mossi gli altri indici dell’area

Il tentativo europeo di capitalizzare l’ulteriore recupero di Wall Street dopo la chiusura di ieri sera è durato poco. In assenza di motivazioni migliori (i dati di business e consumer confidence sono stati buoni sia in EU che in Italia) la  mancanza di verve dell’azionario continentale è stata ascritta anch’essa all’incombere della testimonianza di Powell (non a caso anche i future di Wall Street hanno trascorso la mattinata in territorio negativo).Per gli indici europei, poi,  c’è  da tenere a mente anche il  doppio spauracchio delle elezioni italiane e del referendum interno al SPD per la coalizione tedesca nel  prossimo week end. Nonostante le  recenti esperienze con gli appuntamenti politici,  gli investitori restano scettici su particolari segnali di forza da parte dell’azionario europeo prima dei risultati di queste consultazioni.
Intanto,  in mattinata i dati dai singoli stati tedeschi hanno anticipato quella che sarebbe stata,  alle 14.00, una piccola delusione dall’inflazione tedesca di febbraio (0.5% da -1% e vs attese per 0.6%). Domani avremo il dato flash Eurozone, ma le  premesse depongono per una delusione anche li.
Diverso il tono degli aggregati monetari europei di gennaio, comunicati dall’ECB. L’incremento del flusso di credito mensile, a 65 bln €, è  il più grosso dal 2008. La crescita è passata a +3.3% anno su anno da +2.9% di dicembre,  interamente grazie all’aumento del credito alle aziende, mentre quello ai privati è rimasto stabile. Finalmente un buon segnale dal canale del credito, che, pur in graduale miglioramento, era rimasto indietro rispetto all’accelerazione della crescita. Il settore bancario sembra aver gradito, visto che ha passato la giornata ad outperformare l’indice generale.

Prima di affrontare il  piatto forte della giornata, due parole sui dati macro US.
I durable goods di gennaio sono stati deludenti, sia come headline, che depurati dalle componenti volatili (Dato ex difesa e trasporti a -0.2% da -0.6% ee vs attese per +0.5%). Il goods trade balance di gennaio ha mostrato un deficit superiore alle attese, e ai massimi dal 2008. Il dettaglio è negativo perchè mostra che il calo deriva da una contrazione delle esportazioni. Si tratta di serie volatili,  ma entrambi i dati hanno un bel peso sulla stima di GDP del  primo trimestre: il modello della Fed di Atlanta ha tagliato la stima da 3.2% a 2.6% annualizzato per effetto di questi dati.
Viceversa, la consumer confidence di febbraio (130.8 da prec 124.3 e vs attese per 126.5) ha fatto segnare il massimo da novembre 2000. La forza è  equamente divisa tra componente coincidente e attese, e la valutazione del mercato del lavoro è ai massimi da 16 anni. Fortissimo anche i Richmond Fed manufacturing di febbraio (28 da 14 vs attese per 15).

E veniamo al Humpfrey Hawkins. Sicuramente in pochi si aspettavano un Powell cosi ottimista e aggressivo. Nel  breve discorso divulgato in anticipo rispetto alla testimonianza, il Neo Presidente ha descritto un economia forte e ha espresso fiducia nel  ritorno dell’inflazione al target. Ha chiarito che la Fed favorirà  detto ritorno, ma eviterà di far surriscaldare l’economia (smentendo alcune delle attese che circolavano sulla politica monetaria dei prossimi trimestri). Ha notato che, di recente, alcuni fattori macroeconomici sono diventati da negativi a positivi per la crescita, tra i quali ha citato espressamente la  politica fiscale. Altri spunti hawkish sono venuto dalla sezione di domande:
** La  sua percezione dell’economia è  migliorata da dicembre scorso una dichiarazione che è stata presa dal mercato come un implicito endorsment di 4 rialzi nel 2018
** Una politica fiscale  più  espansiva implica, ceteris paribus una politica monetaria più  restrittiva.
** Nonostante la  recente volatilità, le condizioni finanziarie restano accomodative. In altre parole, sotto la sua guida, il supporto della Fed ai mercati (la cosiddetta “Fed put”) arriverà su livelli decisamente più bassi di quelli attuali.

La reazione del mercato è stata coerente: robuste pressioni sulla curva dei tassi, dollaro che recupera contro tutte le principali divise, e un po di pressione sull’azionario, specialmente dopo il  Q&A di Powell. Al  solito, le bizze di Wall Street hanno  sabotato la  chiusura europea, che sembrava diretta verso  un insperato progresso. Di buono c’è che le  banche hanno gradito le  implicazioni per i tassi di interesse globali (Eurostoxx banks +0.75%).  Se i bonds core hanno sofferto in simpatia con quelli US, i periferici hanno ben figurato guidati dal BTP, nonostante le aste odierne.