Il Dup irlandese guasta la festa ai mercati.

Impossibile immaginare una trama più contorta di quanto sta  avvenendo sulla Brexit. Le negoziazioni serrate a Bruxelles hanno prodotto un continuum di headlines a volte costruttive a volte meno che ha tenuto sulla corda i mercati nelle ultime ore. Il succo è che ci si è progressivamente avvicinati ad un accordo tra UK ed EU (annunciato poi in mattinata) ma che non gode dell’approvazione del DUP irlandese (Democratic Unionist Party), i cui voti sono necessari per l’approvazione in extremis sabato. Nonostante l’incertezza della situazione, ieri cambi, tassi e azionario hanno grossomodo tenuto i guadagni fatti sulla scorta delle news. Del modesto calo di Wall Street si fanno carico, forse, le retail sales USA di settembre, le prime a mostrare un calo dopo 6 mesi di crescita (anche se le revisioni ad agosto correggono un po’ il quadro).

Stamattina, l’Asia ha mostrato un comportamento contrastato, con Hong Kong, Mumbai e Jakarta positive, Tokyo e Shanghai più o meno invariate, e Sydney e Seul in ritracciamento. Anche sul fronte trade, il newsflow si è rivelato abbastanza misto. Trump  ha ribadito che si attende di firmare un accordo a metà novembre in Cile all’APEC meeting. Mnuchin ha osservato che c’è ancora lavoro da fare, e che dalla Cina non è ancora pervenuto alcun invito per ulteriori trattative, mentre sull’eventuale istituzione di nuovi dazi a dicembre nulla è stato ancora deciso.
Lo scoglio principale del momento è  il  rischio che la Cina applichi ritorsioni in caso di approvazione del progetto di legge denominato ” Hong Kong Human Rights and Democracy ” a supporto delle proteste a Hong Kong. Le autorità  hanno lamentato che mentre si cerca di raggiungere un compromesso sul trade, il Congresso USA ostacola  l’accordo promuovendo una legge che costituisce una chiara  interferenza negli affari interni cinesi. La House of Reps ha già approvato ieri, manca il Senato, che però  risulta  largamente favorevole.
Il  Ministro del  Commercio cinese ha però dichiarato stamattina che, relativamente all’accordo,  si  sta al momento lavorando sui dettagli, il che sembra indicare che le le questioni sostanziali sono risolte.

La seduta europea è partita con un tono cauto, ma  a metà mattinata a Bruxelles  abbiamo avuto  fumata bianca, con Juncker e Johnson a dichiarare di aver raggiunto un accordo, entrambi con toni pseudo-trionfalistici. Il Premier UK ha invitato il Parlamento a votare a favore dell’accordo, e uscire il 31 ottobre..
Immediata la reazione dei mercati, con la sterlina sopra 1.29 vs Dollaro, l’azionario in forte rialzo,  e i bonds in calo robusto.
E’ durata per un po’, e poi il Dup Irlandese è intervenuto a guastare la  festa (*DUP WON’T VOTE FOR JOHNSON’S BREXIT DEAL: PARTY OFFICIALS). Così l’entusiasmo è rapidamente scemato,  sull’azionario, sui cambi  e i bonds hanno ripreso forza.
Dagli ambienti del Governo UK è trapelato che Johnson si presenterà in Parlamento Sabato sostenendo che o si approva, o si esce senza Deal. In altre parole non ha intenzione di chiedere proroghe, anche se non è chiaro come possa evitarlo. Forse il Premier conta in una collaborazione dall’EU, che sembra arrivare,  se  è vero che Juncker ha dichiarato che una volta raggiunto l’accordo, un ulteriore estensione non è possibile (*EU’S JUNCKER SAYS HE WOULD RULE OUT A BREXIT EXTENSION).
L’Idea è, al solito, mettere il Parlamento UK di fronte alla scelta “o l’accordo, o il no deal”, e cercare di racimolare i voti che il  Dup non vuol dare, con quelli dell’opposizione che non vogliono assolutamente il No deal. Ovviamente resta sempre la  possibilità di una sfiducia, o che il Parlamento UK incarichi altri di chiedere l’estensione,  ma questa ipotesi funziona solo se quello di Juncker si rivela un bluff. Intanto Corbyn, che ha già detto che non vota l’accordo, si è dichiarato favorevole ad una legge che imponga che ogni accordo di uscita sia approvato tramite un Referendum. Si annunciano 48 ore assai concitate.

Quindi gli asset hanno affrontato  il pomeriggio più o meno sui livelli di ieri. A distrarre temporaneamente dall’argomento Brexit è intervenuta una serie di dati macro USA:
** Il Philly Fed di ottobre ha marginalmente deluso (5.6 da 12 vs attese per 7.6), ma i sottoindici offrono non poco conforto, i New orders +1.4 a 26.2, e l’Employment +17.1 a 32.9, massimo storico. Le attese a 6 mesi sono salite di 13 punti a 33.8. Il calo è stato influenzato dai prezzi e dagli shipments.
** I nuovi cantieri sono violentemente calati (-9.4%) ma il mese scorso è stato rivisto a +15.1%. Modesto il ridimensionamento dei permessi di costruzione (-2.7 da precedente +8.2).
** La produzione industriale di settembre è calata più  delle stime (-0.4% da prec +0.8% e vs attese per -0.2%)

Wall Street è partita abbastanza bene, e ha superato temporaneamente quota 3.000.  Successivamente, il  sentiment si è deteriorato, in particolare in Europa, dove gli indici, che a metà mattina erano tutti su livelli record, sono passati in negativo. I bond hanno ripreso forza, cosa che ha messo di malumore il settore bancario, e Wall Street ha più che dimezzato i guadagni.
A cosa è dovuta quest’inversione di tendenza? Personalmente non ho notato catalyst degni di nota, al di la  della ridda di dichiarazioni sulla Brexit che comunque non ha penalizzato più di tanto la Sterlina.
A mio parere, l’improvvisa debolezza è dovuta a 2 concause
1) Il cambio. Grazie al rimbalzo dei rendimenti e al rientro del rischio Brexit, zitto zitto l’€ si è  riportato sopra 1.11, e alla fine l’azionario Eurozone ha preso atto. Un 2% non è granchè, ma è pur sempre il massimo da agosto, raggiunto in relativamente poco tempo.
2) ad aggravare l’effetto cambio, la circostanza che gli indici EU erano in ipercomprato di breve, avendo recuperato,  sui livelli di stamattina, quasi il 6% in meno di 7 sedute. Un consolidamento era da mettere in conto, anche in virtù della performance relativa vs USA: a 1 mese, pur con la sottoperformance odierna, l’Eurostoxx da oltre un 2% all’S&P 500.

Così, l’azionario Eurozone chiude con perdite marginali una seduta che sembrava lanciarlo verso il record.  Anzi l’incapacità, per i citati motivi, di tenere 3.600 sull’Eurostoxx 50 ha probabilmente causato i flussi di vendita nel pomeriggio inoltrato. I bonds chiudono con rendimenti in calo sulle scadenze più lunghe, mentre lo spread resta più o meno stabile sotto 130.
Dal punto di vista tecnico le candele tipo “shooting star” sugli indici EU non sono bellissime, ma bisogna vedere come evolve il consolidamento che, per il momento, per Eurostoxx, Dax, FTSE Mib, Nikkei etc avviene sopra le resistenze, ora diventate supporti.

Coperta da Brexit, trade etc, questa settimana è iniziata l’earning season  in US. Le banche in aggregato stanno figurando decentemente (oggi Morgan Stanley).
Le stime di utili dell’S&P 500 per il terzo trimestre hanno subito un costante ridimensionamento negli ultimi mesi e, alla vigilia della Earning Season prevedevano un calo anno su anno di poco superiore al 3%. Si tratterebbe del primo calo dal 2015 circa.
Ciò detto, il ratio tra positive e negative preannouncements delle aziende (vedi grafico, coutesy of Citigroup) è tornato sotto la media a dimostrazione che i CEO sono a loro agio con le stime.

In situazioni normali, l’EPS medio batte di solito il consenso di un 3/4%, una situazione prontamente verificatasi negli ultimi 2 trimestri, come si nota dal grafico sotto,  ancora di Citi,  riportante le attese dei vari trimestri 2019-20 . Anche questa volta quindi il rallentamento degli utili dovrebbe essere evitato. Le stime del quarto trimestre, che si sono ridimensionate a loro volta, si collocano attorno ad un 3% di crescita.
Alla fine della prossima settimana iniziamo a tirare le somme.