Giornata interlocutoria in attesa degli eventi della settimana.

Sul fronte macro, l’evento più rilevante della coda della scorsa settimana è stato la pubblicazione dei PMI manifatturieri di ottobre elaborati da Markit.
Quello cinese, temutissimo, si è rivelato, nella sua mediocrità, meglio delle attese. A 50.1 da 50.0 vs una stima per 50 che era più una speranza, resta sull’orlo della contrazione, ma mostra un marginale recupero. Tra i sottoindici, il miglioramento dei new orders costituisce un segnale discreto per i prossimi mesi. In lieve assestamento il dato giapponese (52.9 da 53.1).
Riguardo il dato europeo, il quadro generale era stato già delineato, in via preliminare, 2 settimane fa. Tra i dati non disponibili in sede flash, particolarmente atteso era il PMI manifatturiero italiano, che si era arrestato sulla soglia di 50 a settembre. L’entrata in territorio di contrazione c’è stata, ed il report è peggiore delle attese (49.2 da prec 50 e vs attese per 49.7). Nel commento, Markit sottolinea che il sottoindice New Orders è sceso ai minimi da 65 mesi, a causa di un calo sia degli ordinativi esteri che di quelli interni. Ciò indica che il calo della domanda globale non è l’unica causa della contrazione .  Il PMI servizi (in pubblicazione domani) ci darà un quadro più completo dell’impatto delle tensioni politiche e relative turbolenze sulla domanda interna. Per il momento sospendo il giudizio.
In accelerazione, e meglio delle attese, il dato spagnolo (51.8 da prec 51.4 e vs attese per 50.9). Orrendo il dato UK (51.1 da 53.6 e vs attese per 53).

Negli USA, il PMI markit ha mostrato una revisione marginale, ma li spadroneggia l’ISM manufacturing (57.7 da 59.8 e vs attese per 59) che ha mostrato una decelerazione superiore alle attese, pur restando su livelli elevati. In ogni caso, ai minimi da 6 mesi, inizia a mostrare i segni del calo del global trade, e dell’impatto dei dazi, che stanno iniziando ad alimentare un aumento dei costi per alcune manifatture. Ma il quadro è stato bilanciato da un labour market report USA di ottobre robusto sotto molteplici aspetti (250.000 posti di lavoro creati, disoccupazione al 3.7% e salari in crescita).
Qualche sviluppo sul fronte Trade, con un report di Bloomberg recante indiscrezioni che Trump avrebbe dato incarico di elaborare una bozza di proposta alla Cina per fine novembre, successivamente smentito da Kudlow.
Sul fronte mercati la settimana a Wall Street si è conclusa con un assestamento, dopo 3 sedute con guadagni superiori all’1% però. Questa volta ci ha pensato Apple a deprimere la tecnologia, con una trimestrale mal ricevuta.

Nel week end, nuove indiscrezioni sul Fronte Brexit: secondo il Sunday Times la May avrebbe ottenuto da Bruxelles delle concessioni tali da permettere al Regno Unito di restare nell’unione doganale, in modo da disinnescare la questione confine tra le 2 Irlande. Sul tema se ne sentono di tutti i colori per cui anche quest’ultima è da prendere cum granu salis, ma la Sterlina ha continuato a recuperare. Domani dovremmo avere news ufficiali in seguito alla riunione dell’esecutivo sul tema.

In apertura, il sentiment in Asia non è stato dei migliori. L’area doveva digerire il tono meno costruttivo sul fronte negoziazioni Cina- USA seguito alle dichiarazioni di Kudlow, ed altre indiscrezioni. E poi, il PMI servizi cinese calcolato da Markit ha pesantemente deluso ( 50.8 da 53.1 e vs attese per 52.8) sottolineando ulteriormente le difficoltà dell’economia locale. Infine le grosse banche cinesi hanno affossato le “H” shares in seguito alle intenzioni comunicate dalla PBOC di aumentare la regolamentazione del settore.
Tokyo ha sofferto la cattiva vena del settore auto dopo la trimestrale di Subaru. Sorprendentemente snobbati i buoni PMI servizi (52.4 da prec 50.2) e composite (52.5 da 50.7).

Su queste basi, la seduta europea è partita con un tono titubante, e gli occhi rivolti agli importanti eventi della settimana (vedi sotto) a cominciare dalla revisione dei PMI servizi e composite di ottobre (con dettaglio dei dati della periferia europea). Inizialmente offerti gli asset italiani  dopo il recupero della settimana scorsa favorito dalle indiscrezioni riguardo ad una possibile nuova TLTRO da parte dell’ECB. Sulle banche italiane ha avuto più effetto un report negativo di Goldman che non il passaggio degli stress test per gli istituti sotto sorveglianza diretta. Sul fronte macro, Sentix index EU e PMI servizi e composite UK hanno entrambi deluso, ma l’attenzione era maggiormente concentrata sui dati US del pomeriggio e gli eventi dei prossimi giorni.  Cosi gli indici hanno continuato a mostrare la price action erratica tipica del clima di attesa.
La cosa non è cambiata nel pomeriggio, nonostante l’ISM non manufactoring abbia ancora sorpreso in positivo (60.3 da prec 61.6 e vs attese per 59) restando su livelli storicamente elevatissimi (nei pressi dei massimi da 21 anni). Tra i sottoindici, quelli responsabili del calo sono Employment (-2.7 a 59.7) e Business activity( -2.7 a 62.5) mentre quello dei new orders è rimasto pressochè stabile a 61.5 e depone bene per i prossimi mesi. Poco da dire: il settore servizi, oltre l’80% dell’economia US, resta super robusto.
Non che si tratti di una sorpresa. Infatti Wall Street e Dollaro non hanno mostrato reazioni percettibili e il clima d’attesa ha continuato a influenzare price action e livello di attività.
Cosi, l’azionario europeo, € e bonds hanno chiuso con variazioni marginali, nonostante il piccolo sussulto causato dal comparire di indiscrezioni di Bloomberg secondo cui la Commissione Europea avrebbe intenzione di accelerare sul fronte messa sotto procedura di infrazione dell’Italia, prontamente smentite da Moscovici. E Wall Street, a 3 ore dalla chiusura, non ha ancora deciso che direzione prendere, col Nasdaq ancora penalizzato da alcune delle FAANG (Amazon e Apple entrambi -3.5%).

Venendo alla nutrita agenda settimanale, la giornata di domani è dominata dalle Midterm Elections. Apparentemente, la probabilità che i Repubblicani conservino la Camera è salita un po’, anche se resta bassa, mentre il Senato sembra saldamente in mano repubblicana. Trump ha promesso nel week end un ulteriore taglio alle aliquote fiscali per alimentare uno sprint finale, mentre oggi, con lo stesso scopo, Pence ha parlato di un piano infrastrutture dopo le elezioni.
In realtà, fare previsioni sull’impatto sui mercati di quest’evento è quanto mai difficile, in quanto oltre all’esito, bisogna indovinare anche la reazione di Trump. Se è probabile che un buon risultato per i Repubblicani produca un aumento dello stimolo fiscale, ma anche dell’aggressività sul global trade, una sconfitta potrebbe attenuare la conflittualità del Presidente, e renderlo più collaborativo con la parte Democratica, oppure radicalizzare ulteriormente l’ approccio. Un risultato particolarmente favorevole ai Democratici può produrre una parziale rimozione dello stimolo fiscale.  Oltre a ciò, potrebbe creare i presupposti per un aumento dell’attività ostile a Trump (inchiesta Russiagate e altre iniziative).

Midterm a parte, tra i principali eventi della settimana abbiamo domani i citati PMi eurozone, mercoledi la pubblicazione delle riserve valutarie cinesi di ottobre (osservate per cercare indizi di fuga dei capitali), giovedi a il FOMC (senza conference però, e con ogni probabilità senza modifiche al policy mix), e il trade balance cinese di ottobre, e venerdi il CPI e PPI cinese di ottobre.