Effetto Fed sui tassi globali, continua a soffrire l’azionario.

Chi si attendeva fuochi artificiali dal festival delle banche centrali, non è certo rimasto deluso.
Cominciando dalla Fed ieri sera (mercoledì), il rialzo dei tassi (75 bps) è stato in linea con le attese, ma la Dot Plot ha indicato target per i Fed Funds sopra i livelli di mercato sia a fine 2022 (4.375%) che fine 2023 (4.625%). Più in linea le proiezioni del 2024 e di lungo periodo.
Sostanzialmente questo strumento segnala al mercato che la Fed alzerà ancora di complessivi 125 bps nei 2 FOMC restanti del 2022. Significativa anche la sforbiciata al GDP, in particolare per l’anno in corso e anche per il 2023, mentre la disoccupazione viene vista in salita di 0.6.
Al rialzo anche le previsioni di inflazione.

Powell, nella sua conference, è stato categorico nel segnalare la determinazione del Committee. Ha dichiarato che nulla è cambiato nella sua view da Jackson Hole: è necessario mettersi l’inflazione alle spalle. Sarebbe bello che ci fosse un modo privo di pena per farlo, ma non c’è. Nessuno sa se questo corso d’azione porterà a una recessione, loro sperano che l’aumento della disoccupazione necessario per raffreddare l’inflazione sarà modesto, ma devono comunque portare a termine il compito.
Insomma, ormai Powell ammette apertamente che la stance FED avrà implicazioni negative per l’economia, che anzi sono necessarie per ottenere il risultato.
Personalmente, trovo molto poco confortante la ricetta della Fed per riportare la stabilità dei prezzi, mediante un periodo di crescita sotto il potenziale. Mi ricorda troppo il loro proposito di mantenere l’inflazione “sopra il target per qualche tempo”. Se la sono ritrovata al 9%. Temo che si troveranno anche la disoccupazione, non dico al 9%, ma al 6.5% (e con un serio upside risk) e l’economia in contrazione di 2 o 3 punti percentuali. Quanto al loro track record nel prevedere il path dei tassi, l’anno scorso di questi tempi prevedevano tassi fermi a zero per 12 mesi e stavano ancora comprando 120 bln di assets al mese perchè “l’economia aveva bisogno di una stance ultra ease”.
Se è vero che la politica monetaria agisce con un lag, le mie previsioni sono anche troppo benigne. Nel grafico sotto, courtesy of EY-Parthenon, il paragone tra il ciclo attuale (così come prezzato dal mercato da ora in avanti) e i precedenti. Vedremo come andrà a finire.

Nel frattempo, i mercati hanno ovviamente preso atto della view FED, e così, dopo un tentativo di rialzo legato forse alla memoria dei recenti FOMC, Wall Street si è inabissata. Il Dollaro ha accumulato poi altri progressi, e il nuoco record contro €, mentre la curva dei tassi si è ulteriormente invertita, con le scadenze oltre il 5 anni che hanno visto i rendimenti calare.
La risk aversion è riverberata nella seduta asiatica, con tutti i principali indici in calo tranne Vietnam e Jakarta.
Peraltro, il bastione dovish della Bank of Japan (che erroneamente avevo collocato tra giovedì e venerdì) ha resistito. Politica invariata e massima garanzia da Kuroda che resterà tale.
*KURODA: WILL FIRMLY MAINTAIN ACCOMMODATIVE CONDITIONS FOR FIRMS
*KURODA: WILL CONTINUE EASING UNTIL STABLE 2% GOAL MET
*BOJ’S KURODA: NO NEED TO CHANGE GUIDANCE FOR 2 OR 3 YEARS
*KURODA: WON’T HESITATE TO ADD EASING IF NEEDED
*KURODA: EXPECT RATES TO BE AT CURRENT LEVEL OR LOWER
*KURODA: UNCERTAINTIES OVER JAPAN’S ECONOMY EXTREMELY HIGH

Con tutte le altre banche centrali in preda all’isteria, quella della BOJ sembra una ricetta per far crollare lo yen e importare ulteriore l’inflazione. Quindi cosa fanno questi Giapponesi? Il Ministero del Tesoro interviene sul mercato dei cambi a sostegno della divisa (per la prima volta dal 1998). Siamo al paradosso che la Bank of Japan vende Yen, comprando bonds del Tesoro, ed il tesoro invece li compra, dilapidando riserve valutarie. Sono davvero tempi incredibili. Tant’è, la divisa è rimbalzata.
** JAPAN TOP FOREX DIPLOMAT KANDA: INTERVENED IN MARKET
** JAPAN’S KANDA: HAVE TAKEN BOLD ACTION IN MARKETS

L’apertura europea ha visto gli indici fare un catch up con la debolezza di Wall Street, ma in verità l’azionario continentale ha da subito ammortizzato parte della debolezza, ed anzi da li è partito un rimbalzo trainato dalle banche, che si sono avvantaggiate, oltre che del contesto sui tassi, del preannoncement positivo di Unicredit e Deutsche Bank.
*CEO ORCEL: UNICREDIT WILL SUBSTANTIALLY UPGRADE GUIDANCE IN 3Q
*DEUTSCHE BANK CFO SEES 2022 REVENUE AT HIGH END OF GUIDED RANGE
Milano ha fatto tesoro di queste performanche con il settore bancario in spolvero. Il sentiment positivo si è esteso alla Divisa Unica, che ha recuperato terreno. Il movimento ha guadagnato momentum in mattinata, con gli indici europei in grado di passare brevemente in positivo.
In mattinata altri 2 appuntamenti con banche centrali. La SNB ha alzato i tassi di 75 bps come da attese, e confermato che potrebbe a sua volta intervenire sul mercato dei cambi per stabilizzare la divisa, e la Norges Bank ha alzato di 50, confermando che saranno in arrivo altri rialzi, in particolare al meeting di novembre.
Sul fronte macro, impressionante la consumer confidence del Belgio, ai minimi dal 1985.

Alle 13 la Bank of England ha alzato di 50 bs come da attese, con un voto 5-3-1 (3 volevano 75 bps). La guidance è stata lasciata invariata, ma è stato poi confermato l’inizio delle vendite di Gilt dal portafoglio al ritmo di 10 bln a trimestre, dal 6 ottobre. Il programma sarà rivisto con cadenza annuale ma per modificarlo servono grossi cambiamenti del quadro. La cosa si è abbattuta sui Gilt, anche se era abbastanza attesa.

Nel pomeriggio in US un po di dati.

I sussidi di disoccupazione sono uscito ancora sotto attese. Questa serie ha continuato a ritracciare l’aumento estivo, a dimostrazione di un mercato del lavoro ancora solido, che quindi continuerà a spingere la Fed ad alzare i tassi per il momento. Kansas Citi Fed invece leggermente sotto attese, a livello di stagnazione per settembre. In mezzo, la Consumer confidence EU, che in linea con quella belga ha fatto un nuovo minimo storico assoluto.

Sarà per i claims, sarà per un rigurgito di “don’t fight the FED”, che ieri sera era stato messo in cantina dal mercato dei tassi, ma nel pomeriggio i rendimenti USA hanno cominciato a salire vertiginosamente con fulcro sulla pancia della curva (5, 7 e 10 anni) trascinandosi in simpatia quelli europei (che stamattina calavano) e con quelli UK a battere la strada. Uno sguardo allo schema sotto mostra bene di cosa parlo: rialzi a 2 cifre diffusissimi.

Wall Street dai primi scambi ha preso ad accumulare ribasso, e questo ha prodotto un ritracciamento dell’Europa, con gli indici che, dopo essere stati in positivo, sono tornati a chiudere sui livelli di apertura, tranne Milano e Madrid, sostenute dalla forza delle banche, unico settore rimasto in positivo. Con il rimbalzo dei tassi, anche il Dollaro ha recuperato terreno, mentre tra le commodity prevalgono i segni meno, ma il petrolio si è ripreso.
I rendimenti salgono bene (vedi sopra) con una tendenza ancora all’appiattimento, mentre lo spread Bund BTP stringe un po’, in controtendenza rispetto al sentiment. Chi l’avrebbe detto, con le elezioni incombenti?
La verità è che il premio al rischio politico, dalla caduta del Governo Draghi in poi, non ha fatto che calare. Lo si nota non dallo spread, che è stato influenzato dall’esplosione dei rendimenti, ma dalla performance relativa del FTSE Mib vs Eurostoxx 50, dalla seconda metà di luglio in poi, ben rffigurata dal ratio qui sotto.

E’ evidente l’accumulo del pessimismo a giugno, e il successivo recupero i relativo. Il fatto è che il risultato delle elezioni è quasi scontato: le sorprese possono venire solo dalla modifica dei rapporti di forza. E le rassicurazioni del vincitore certo (la Meloni) su atlantismo, europeisomo e finanza pubblica hanno portato il mercato a smontare l’hedging del rischio elezioni che si era costruito, con effetti intuibili sulla performance. Che succederà dopo la consultazione? In assenza di sorprese, forse il mercato tornerà a focalizzarsi sul quadro macro, che per l’Italia presenta parecchie incognite. Vedremo se ci sarà un nuovo deterioramento in relativo. E’ un fatto che il settore delle small cap, più sensibile allo stato e alle prospettive dell’economia interna, ha sottoperformato l’indice generale nell’ultimo periodo, come mostra questo grafico di confronto tra un etf Italia e uno specializzato nel comparto mid/small cap di Piazza Affari (anche se l’assenza in quest’ultimo del settore banche ha sicuramente avuto un impatto).