Dai PMi un warning per l’economia Italiana. Vigilia tranquilla per le Midterms.


Ieri sera, Wall Street ha scelto il rialzo, chiudendo in guadagno di un  mezzo punto nonostante la perdurante pesantezza della tecnologia, tradita dai suoi campioni (anche ieri FAANG -1.35%, Amazon – 2.2% e Apple – 2.8%).
L’Asia ha avuto un tono contrastato stamattina, con Tokyo e le “H” shares in moderato rimbalzo e Shanghai meno brillante, infastidita da news altalenanti sul fronte trade. Trump ha dichiarato di vedere la possibilità di un accordo, ma di prendere in considerazione anche un “no deal”. Il Vicepresidente cinese Wang ha dichiarato che la Cina è pronta a negoziare un accordo, ma non accetterà di trattare con una “pistola alla tempia”. Infine un consulente della PBOC, Jun Ma, ha dichiarato che il raggiungimento o meno di quota 7 da parte dello Yuan “non è cosi cruciale”, e che le fughe di capitale sono inferiori a quelle di 2 anni fa (vorrei ben sperare). Naturalmente, anche l’incombere delle Midterm Elections, con gli imprevedibili impatti sulla questione Trade, alimenta la cautela. Le indiscrezioni che Apple avrebbe sollecitato i fornitori a non pianificare ulteriore capacità produttiva sui modelli Iphone XR hanno impattato sull’indotto, in particolare su Taiwan. Bene Sydney e Seul.

L’apertura europea ha beneficiato inizialmente dei buoni dati sugli ordinativi all’industria tedeschi di settembre, usciti in crescita (+0.3% da prec +2.2% e vs attese per -0.5%).
A riportare gli investitori coi piedi per terra è stato il pessimo PMI servizi italiano di ottobre (49.2 da prec 53.3 e vs attese per 52), debole come livello, tornato, come il manifatturiero, sotto la soglia che delimita contrazione, ma soprattutto per l’entità del calo (oltre 4 punti). Il dato composite ha ovviamente deluso a sua volta, perdendo 3.1 punti a 49.3. In base alla prima stima del GDP, l’economia italiana era già andata in stallo nel terzo trimestre, e questi dati lasciano intendere la chiara possibilità di un calo nel quarto trimestre dell’anno. La brusca frenata del settore servizi, la cui attività ha origini assai più endogene rispetto al manifatturiero, mostra chiaramente che l’economia italiana sta patendo sempre di più le tensioni politiche e le turbolenze del mercato. E’ possibile che in questo calo filtri una componente emotiva, legata all’elevato livello di incertezza, che potrebbe riassorbirsi nei prossimi mesi. Ma certo le ultime notizie depongono male per l’ultimo trimestre dell’anno e rendono ancora più insostenibili le previsioni di crescita sui cui si basa la manovra.
Di tutt’altra fattura il PMI servizi spagnolo (composite +1.2 a 53.7 massimo da 5 mesi, servizi +2.5 a 54). Per il resto, il PMI composite europeo è stato rivisto al rialzo di 0.4 a 53.1, principalmente grazie alla revisione positiva del settore servizi tedesco (54.7 da 53.6 della prima lettura). Lieve revisione ai ribasso per la Francia che però aveva ben figurato in sede flash.
Il calo dell’attività rispetto a settembre resta marcato, e il composite Eurozone mostra il livello più basso da 2 anni. Ma il settore servizi tiene decentemente e il recupero dei dati tedeschi attenua un po’ la sensazione di frenata del dato flash.

Peraltro il deterioramento del dato italiano si è impadronito della scena, i BTP hanno preso a sottoperformare insieme  con le Banche e Piazza Affari, e cosi un azionario europeo già innervosito dall’incombere delle Midterm è passato in negativo.
Ultimi sondaggi favorevoli ai Repubblicani, o forse la semplice sensazione che, liberato dall’incertezza, il mercato azionario USA produrrà un “relief rally” hanno offerto supporto a Wall Street, e ciò ha permesso agli indici Eurozone di mettere un po’ di distanza tra le chiusure, marginalmente negative, e i minimi di seduta. Buon recupero di Piazza affari grazie manche a boost dato al settore bancario nazionale dai risultati di Intesa Sanpaolo, ma lo spread ha comunque allargato 6 bp a fronte di un rendimento del bund stabile a fine seduta.
L’€ ha recuperato, nonostante le news italiane, trainato da una sterlina che continua a salire in barba ad un newsflow sulla Brexit  per lo meno altalenante. Al momento siamo ancora senza accordo in UK sulla proposta da fare all’EU, ma sembra sia in programma un altro Consiglio dei Ministri in settimana. Pare difficile raggiungere un accordo per il summit  di novembre, ma il Times continua a riportare indiscrezioni di un EU sempre più malleabile. Intanto i sondaggi continuano a registrare una salita del fronte del “Remain”. Secondo un sondaggio di Survation, se il referendum venisse ripetuto oggi, “Remain” vincerebbe con un margine di 8 punti. Che sia questo il vero scopo di quest’interminabile querelle?

Il resto della giornata non prevedeva dati di rilievo, se si eccettua il report di settembre sulle offerte di posti di lavoro in USA (7.009.000 da precedenti 7.293.000, massimo storico). Cosi il resto della seduta è passato in sistemazioni in vista del risultato delle Midterms (che dovrebbe delinearsi con certezza intorno alle 4 am italiane).

Dalla chiusura europea, Wall Street ha moderatamente incrementato i guadagni, e sta andando incontro ai risultati elettorali con un clima di crescente ottimismo. Tra i driver  del recupero degli ultimi giorni vi è anche la constatazione che il periodo post Midterm si è rivelato, in media, favorevole all’azionario USA. Dei tanti studi che girano, ho trovato significativo questo di Quantifiable Hedges in cui si mostra che, prendendo in esame il periodo considerato tradizionalmente favorevole, ovvero tra novembre e maggio (sell in may…) nel terzo anno di Presidenza, la performance è stata sempre positiva, dal 1960 in poi (cliccare qui per avere accesso allo studio )


Va peraltro notato che, almeno in 3 casi, prima di chiudere in guadagno i 6 mesi, l’indice aveva accumulato significativi passivi.

Nell’attesa dei risultati delle Midterm, osservo che anche in Europa l’earning season è arrivata a buon punto, e i risultati permettono qualche considerazione.
Delle 280 aziende dello Stoxx 600 che hanno riportato, circa la metà ha battuto le stime, in media dell’1.8%. Riguardo il fatturato, abbiamo un 52% sopra stime, in media del 0.36% (dati di Bloomberg). E’ evidente che il raffronto con le aspettative è assai meno benevolo che a Wall Street ed un lieve peggioramento porterebbe l’earning season sotto le stime.
Detto questo, la crescita aggregata degli EPS, pur lontana dai livelli USA, non è male (+12%), mentre quella del fatturato si attesta su un +6.4%.

E’ evidente che l’azionario continentale non può contare su un ciclo in forma come quello USA. Vale però la pena di osservare che, a fronte di questi non disprezzabili risultati, l’indice perde circa 7 punti da inizio anno, e scambia sui livelli di inizio 2017. La correzione ha spinto il Price /earnings dell’indice sui minimi da 5 anni, e quasi 3 punti sotto quello dell’S&P 500 (13.9x vs 16.7x su S&P 500 – dati di Bloomberg).

Diciamo che le correnti valutazioni offrono un po’ di protezione a fronte di un rallentamento macro dell’Eurozone. Viceversa, si può mirare ad un certo upside, in caso di tenuta.