Da Bruxelles esce un estensione medio-lunga. Nuovi minimi di rendimento per i BTP post asta.

NB: Domani Lampi salta un uscita e torna lunedi 15 Aprile

Ci sono volute 6 ore di Summit, ieri sera a Bruxelles, per giungere alla soluzione più ovvia fin dall’inizio, anche se bisogna ammettere che la durata dell’ “estensione lunga” è inferiore di un paio di mesi al minimo ipotizzato dall’EU pre Summit (ovvero fine anno). L’anticipo al 31 ottobre della scadenza sembra essere un contentino dato a Macron, che ha insistito a lungo perchè la proroga non superasse il 30 di Giugno. La May ha invece dovuto accettare lo smacco, visto che difficilmente 2 mesi di sconto possono essere considerati una vittoria, dal suo punto di vista. All’estensione sono state agganciate condizioni: la tenuta delle elezioni europee in UK, la promessa di non ostacolare il processo decisionale, e il divieto di rinegoziazione dell’accordo.

Prima di questo, l’azionario USA aveva chiuso in progresso (S&P 500 +0.35%), per nulla infastidito da delle minute FOMC ambivalenti (i tassi resteranno probabilmente stabili fino a fine anno, e comunque potrebbero salire ma anche scendere) e un CPI uscito sotto attese ma a causa di probabili distorsioni.

La seduta asiatica ha avuto comunque un tono consolidativo, propiziato da un bel movimento correttivo dell’azionario cinese. Più che il CPI cinese di marzo, rimbalzato esattamente in linea con le attese, a calmare gli entusiasmi sembra essere stato il circolare di ipotesi e indiscrezioni sul fatto che le Autorità vogliano varare misure di contenimento della speculazione, per evitare la formazione di una nuova bolla sull’azionario. La cosa è perfettamente plausibile, ma è anche vero che di solito queste tattiche non hanno che effetti temporanei.
Tornando al CPI, il balzo è stato favorito dal food, e dalle commodities, con il dato core sostanzialmente stabile. In attesa del trade balance cinese di marzo, in uscita stanotte (le attese sono per un ritorno in positivo di import e export anno su anno), i dati doganali della Sud Corea riportano un rimbalzo dell’8.9% delle esportazioni nei primi 10 giorni di aprile, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il dato risente della presenza di un giorno lavorativo in più, ma comunque lascia ben sperare per una ripresa del trade nell’area.
Nondimeno, le performance nell’area asiatica oggi sono mediocri, con appunto Seul e Mumbai, sostanzialmente invariate, e il resto dei principali indici a mostrare cali, che culminano con il -2.1% del CSI 300 (Shenzen).

Su queste basi, l’azionario continentale ha aperto a sua volta con un tono consolidativo. Che il risultato del Summit di Bruxelles fosse in una certa misura scontato lo si è notato dall’assenza di percettibile reazione nella Sterlina e nel FTSE 100.
In assenza di dati macro di rilievo, il sentiment è migliorato in mattinata. Un contributo in questo senso potrebbe essere venuto dal buon esito delle aste italiane, con i titoli usciti tutti su livelli superiori ai prezzi sul secondario (in particolare il nuovo 7 anni), nonostante il rally delle ultime 48 ore.
La ricerca di rendimenti in € continua a essere, coeteris paribus, una forte fonte di domanda per la carta italiana. Riprendendo in maggior dettaglio quanto già detto ieri, osservo che, sotto i 5 anni, oltre all’ Italia solo la Grecia, il Portogallo, Cipro e un paio di repubbliche baltiche offrono rendimenti positivi (vedi figura, con i rendimenti positivi nei riquadri gialli)


Per bilanciare un incentivo del genere, serve un catalyst bello grosso, che per ora manca.

Nel primo pomeriggio i dati macro in calendario in US hanno mosso i mercati più delle minute di ieri sera:
** I prezzi alla produzione di marzo sono saliti più delle attese come dato headline, grazie principalmente alla componente energy. Il dato depurato di energy, food e trade è risultato stabile sotto attese.
** La sorpresa più positiva è arrivata dai sussidi di disoccupazione settimanali, che hanno fatto segnare un numero inferiore a 200.000 unità (196.000 il numero esatto) per la prima volta dall’ottobre del 1969. Recentemente questa serie, insieme ad altre, era finita sotto la lente come possibile presagio nefasto, perchè la media a 4 settimane aveva invertito la rotta (presumibilmente per effetti legati allo shutdown). Con il dato di oggi la media scende a 207.000, nuovo minimo ciclico. Il dato è coerente con un mercato del lavoro US ancora bello “tirato”. Normale che il mercato ci abbia guardato e la tendenza a salire dei rendimenti US si sia accentuata. L’effetto si è notato anche, a tratti, sul $.

Le pressioni al rialzo sui rendimenti si sono comunicate anche in Eurozone, dove il Bund si è infine deciso a restituire gran parte della strada fatta ieri dopo la conference di Draghi. Tutt’altra aria sul BTP, che ha accelerato nel pomeriggio, accumulando robusti cali di rendimento e di spread, con picco di domanda sul 7 anni, dove è stato emesso il nuovo titolo.
L’accenno dei rendimenti core a invertire la marcia sembra aver ridato forza al settore bancario Eurozone, che recupera, con gli interessi, quanto lasciato sul terreno ieri in seguito agli accenni impliciti di Draghi a tassi ulteriormente negativi (vedi Lampi di ieri – link ).
Il grafico dell’ Eurostoxx banks sembra promettente, con una serie di minimi crescenti e test in sequenza alla resistenza in area 98.70, che sembrano puntare ad un breakout imminente.

Purtroppo, è fresco nella memoria il ricordo del falso breakout di poco più di un anno fa, che ha portato in dote un calo del 40%. Se non altro, la figura attuale ricorda un po’ quella disegnata a metà 2016, coronata da successo. Vedremo. Intanto aspettiamo il breakout, con relativa conferma.

In ogni caso, la forza del settore bancario ha aggiunto agli indici generali, che chiudono con moderati progressi una seduta che al momento vede Wall Street al palo, gli emergenti in significativo calo, e le commodities in arretramento, in parte un effetto collaterale della salita dei rendimenti in US. Sul fronte cambi i movimenti sono modesti, con una generale tendenza del Dollaro a recuperare, effetto delle good news.
Guardando gli asset UK a fine giornata, si direbbe che nulla sia cambiato rispetto a ieri, con Londra invariata e la Sterlina in lieve arretramento. La May ha affrontato il Parlamento sostenendo che è sua intensione ottenere la Brexit in tempi brevi, e che i colloqui con i Laburisti stanno facendo progressi. La parte euroscettica del suo partito la ha sommersa di critiche e di richieste di dimissioni.
Adesso, senza la minaccia della no deal Brexit, sembra improbabile che il vecchio piano della May, o una sua variante concordata con i Laburisti, ottenga la maggioranza. Una volta superati i termini che costringono l’Inghilterra ad andare alle elezioni europee, lo scenario più probabile mi paiono elezioni anticipate, eventualmente precedute da una sostituzione della May come leader dei Conservatori, visto che, a quanto pare, i sondaggi del partito sono in caduta libera. L’assenza di reazione del mercato riflette presumibilmente l’attesa che gli eventi prendano una qualche direzione.
Intanto, domani entra nel vivo l’earning season USA.