Consolidamento sui mercati in attesa del FOMC

Ieri sera, poi, Wall Street ha chiuso con buoni guadagni, sia pure a qualche distanza dai massimi. La soglia di 2.900 ha dato strada, e l’indice ha chiuso a circa un 1% dai massimi storici.
Coerentemente col tono della seduta, i settori ciclici hanno fatto bene, e quelli difensivi hanno sottoperformato.
Naturalmente stamattina la seduta asiatica ha fatto catch up col sentiment globale, con la notevole esclusione di Mumbai (0%). Paradossalmente, Shanghai ha accolto in maniera relativamente tiepida  (+0.96%) il disgelo con la Casa Bianca, ma le “H” shares hanno figurato bene (+2.45%) seconde solo a Hong Kong.
Sul fronte trade, ieri è passato comprensibilmente sottotraccia il discorso al Congresso di Lighthizer. Il capo dell’URSTR ha affermato che la tregua raggiunta con il Messico rende molto più probabile il raggiungimento di un’intesa con la Cina. Ha anche osservato che i dazi si sono dimostrati uno strumento di negoziazione utile (con il Messico forse, con la Cina ancora non sappiamo bene, direi) e ha espresso ottimismo sulle prospettive per accordi commerciali con Europa e Giappone (previa elevazione di dazi?).
Altra notizia passata in sordina (ma non per la sterlina) è che secondo il Times, il Leader laburista Corbyn avrebbe cambiato la sua posizione ufficiale oggi, passando a supportare, in ogni situazione,  un secondo referendum sulla brexit. Al momento la cosa non è ancora ufficiale perchè alcuni parlamentari laburisti coinvolti nelle consultazioni stanno opponendosi alla svolta.

L’apertura europea è avvenuta con un tono consolidativo. I motivi principali sono 2.
Intanto, c’era da digerire la performance di ieri, con i principali indici azionari su del 2% e i rendimenti collassati. Tanto per dare 2 numeri, i 10 anni di Germania, Francia, Olanda, Austria, Belgio, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro hanno fatto segnare i minimi storici. E l’ammontare di titoli governativi che hanno rendimenti negativi ha raggiunto i 12.5 trilioni, nuovo massimo storico.
Il secondo motivo e che stasera abbiamo il FOMC, e Powell, dovrà scegliere se seguire Draghi sul terreno della super espansività, o tenersi aperte più opzioni.

A proposito di Draghi, Reuters ha pubblicato un pezzo in cui fonti anonime rivelano che ampie frange del Governing Coucil sono rimaste sorprese dalla svolta comunicata dal Presidente ECB con il suo discorso, e  si sono sentite scavalcate. Le fonti sostengono che un cambio di marcia di quest’entità non era affatto stato discusso all’ultimo meeting, e non c’era accordo in questo senso. In sostanza, Draghi avrebbe dato come già decise azioni che ancora vanno discusse, anche se, vista la situazione, non è che ci sia particolare voglia di opporsi al prossimo meeting.
In altre parole, una volta di più Draghi avrebbe deciso di ovviare all’immobilismo del Governing Council con una “blitz krieg”, prendendo di sorpresa il Consiglio (la volta più famosa fu con il “whatever it takes”).

Durante la mattinata, quindi, l’azionario europeo è rimasto a galleggiare attorno alla parità. Sono invero partite prese di beneficio sui bonds, dopo i fuochi artificiali di ieri, con maggior insistenza su emittenti core e semicore, mentre sulla periferia si sono rivelate più effimere, e la carta italiana ha terminato la giornata con rendimenti e spread in calo. Il movimento sui bonds sembra indicare che, dopo aver prezzato la ripresa del QE, il mercato dei tassi stian andando oggi a ipotizzare anche effetti positivi sui prezzi della svolta ECB. Non a caso il 5 anni breakeven forward ha continuato il rimbalzo e scambia a 1.25%, 12 bps sopra i minimi di lunedì. A parte ciò, anche il rimbalzo dei rendimenti del treasury, nel run up verso il FOMC, ha favorito il movimento.
Del recupero dei tassi si sono un po’ avvantaggiate le banche europee, che ovviamente erano state le meno coinvolte dal rally favorito da Draghi ieri. Oggi, l’Eurostoxx banks outperforma l’indice generale di oltre un punto e mezzo.
Con il FOMC a incombere a fine giornata, ed in assenza di dati/eventi significativi, la price action si è appiattita nel pomeriggio. E così la chiusura europea vede l’azionario più o meno invariato (con le eccezioni di banche, auto e Piazza Affari), i tassi come sopra indicato, e l’€ in lieve recupero, mentre la sterlina accelera di più grazie a Corbyn.

Si annuncia un Fomc complesso per Powell.
La curva prezza un 20% di probabilità di un taglio stasera, e un 80% di un taglio al 31 luglio. Allargando il campo, i Fed Funds futures scontano oltre 2 tagli entro fine anno, 3 entro 12 mesi e un minimo attorno a 1.40 (100 bps di tagli) nel 2021, prima di una moderata risalita.

Si tratta di uno scenario abbastanza generoso, considerando che i dati macro sono in effetti poco ispirati, ma recentemente hanno ripreso quota (vedi retail sales maggio) e l’azionario USA oscilla ad un tiro di schioppo dai massimi storici (a differenza di dicembre quando Powell si mostrò ottimista). Certo, bisogna considerare che le survey sono decisamente più opache, e che le prospettive sul trade USA-Cina sono migliorate nelle ultime ore ma restano poco promettenti. E, in più, per Powell vi è la pressione riveniente dalle altre banche centrali (ECB in primis) e dalla Casa Bianca.

Su queste basi, sconfessare apertamente il pricing può rivelarsi rischioso. E’ quindi probabile che Powell opti per un atteggiamento prudente.  Il risultato potrebbe essere centrato riconoscendo che  vi sono segnali di rallentamento, e che la debolezza dei prezzi sta permanendo e le aspettative di inflazione si sono indebolite. Su queste basi, Powell potrebbe abbandonare l’atteggiamento “paziente” e segnalare la possibilità di tagli dei tassi ai prossimi meetings, senza però certificarli, per evitare di legarsi le mani.
E’ improbabile che Jay rompa gli indugi tagliando direttamente a questo meeting, visto che oltretutto il mercato non lo prezza se non marginalmente. Un effetto accomodante potrebbe essere ottenuto però annunciando il termine della normalizzazione del bilancio. La mossa costituirebbe un segnale che il FOMC si prepara a tagliare a luglio, visto che non possono tagliare i tassi mentre ancora stanno lasciando scadere parte del portafoglio. Il resto lo faranno la Dot Plot, che dovrebbe contenere un bell’abbassamento delle Projections (quella scorsa aveva ancora un rialzo nel 2019) e la Conference.

Nell’attesa, faccio una breve digressione sul significato per l’azionario del taglio dei Fed Funds. Per cominciare, ho recuperato un grafico che avevo utilizzato tempo fa, per dimostrare che, storicamente, i cicli di rialzo non erano invisi all’azionario.


Come si nota, nei periodi di rialzo dei fed funds, evidenziati dalle aree rosate, l’S&P 500 ha sempre continuato la salita. Normale: se la Fed alza, vuole dire che l’economia cresce.
Ho aggiunto le evidenze dei cicli di taglio dei tassi (aree azzurre), e si nota che, mentre in caso di sporadici tagli dei tassi, motivati da necessità di offrire supporto a fronte di specifici rischi (nella fattispecie la crisi messicana, quella delle tigri asiatiche e del fallimento del LTCM), la reazione è stata positiva, nel caso di veri e propri cicli di taglio, in occasione di recessioni, vi sono stati dei pesanti bear markets.
Ergo, la Fed non causa crash azionari, ma a volte non riesce a evitarli.
In questo caso il mercato prezza un modesto ciclo di easing (evidenziato dalla linea blu), che però non è così piccolo se paragonato al ciclo di rialzi che lo ha preceduto. In quanto tale, se verificato, la storia ci dice che costituisce un rischio per l’azionario.
Certo, la storia insegna anche che il mercato sbaglia quasi sempre le previsioni sui movimenti dei tassi, attribuendo al FOMC molta più azione in genere di quella che poi viene portata avanti (vedi grafico, courtesy of DB).


Detto questo, dalla figura si nota anche che quando il mercato indovina la direzione, solitamente sottostima il movimento . In questo caso è quindi probabile che se il ciclo di tagli partirà, sarà più profondo delle attese.