Consolidamento sui mercati alla fine di un Novembre assai positivo per l’azionario dei paesi industrializzati.

La strategia di Trump sembra funzionare, sul  piano politico.
Per il momento, la rappresaglia cinese si è limitata alla convocazione dell’ Ambasciatore, al comunicato del Ministero degli esteri citato ieri, ed a un tweet del solito Caporedattore di Global Times, in cui si ipotizza l’inserimento dei membri del Congresso promotori del progetto di legge “Hong Kong Human Rights and Democracy Act” in una “no-entry list”, ovvero con il divieto di entrare in Cina,  Hong Kong e Macao. Anche fosse, direi che si tratta di conseguenze di impatto assai modesto. La possibilità che quindi questa questione sia archiviata fino a che l’assessment previsto dalla legge non verrà effettuato, e  quindi non costituisca un ostacolo immediato ad un eventuale accordo, mi pare reale.

Detto ciò, non si può certo dire che il “post-thanksgiving” sui mercati asiatici sia stato tranquillo, in particolare ad Hong Kong. Gli indici locali hanno lasciato sul terreno oltre il  2%, aiutati in questo dal crash del settore Pharma, a causa di indiscrezioni che le Autorità sarebbero sul  punto di inserire un altro buon numero di farmaci nel programma di approvvigionamento pubblico creato a gennaio per contenere i prezzi. Per il resto,  non si è ravvisato un catalyst preciso,  al  di la dell’incombere di un week end in cui la  possibilità di un deterioramento delle trattative USA – Cina rimane a prescindere dal Hong Kong democracy act. Al sentiment generale, in Asia, non ha giovato il  violento calo della produzione industriale giapponese a novembre (-4.2% da prec +1.7% e vs atttese per -2%). Qui un ruolo è stato giocato senz’altro dal tifone, e dal  lato della domanda, dall’aumento dell’IVA scattato a inizio mese.
Dati brutti anche in Sud Corea, con la produzione industriale a -1.7% a ottobre da precedente +2% e vs attese per -0.3%. La Bank of Korea ha lasciato i tassi invariati ma ha tagliato le previsioni di crescita ed inflazione. Sta di fatto che tutti i principali indici hanno ceduto, tranne Jakarta, con Taiwan e Seul a mostrare perdite oltre il punto percentuale.

Apertura timida anche in Eurozone, tanto più che le retail sales tedesche di ottobre hanno iniziato il trimestre con un brusco calo (-1.9% da prec 0.0% e vs attese per +0.2%). La serie è volatile, ma il numero non depone bene per il GDP del quarto trimestre. Il CPI Eurozone di novembre ha però sorpreso in positivo sul fronte core (+1.3% da prec +1% e vs attese per +1.2%) grazie i numeri francesi e italiani, a  loro volta sopra attese. L’inflazione core non raggiungeva questi livelli dal 2015, anche se il balzo è stato favorito da una base di partenza molto bassa un anno fa.
Buoni anche il GDP francese del terzo trimestre e l dati di disoccupazione in Italia e Germania.

Il trend di miglioramento dei dati, o forse solo la perdurante tendenza a comprare il minimo storno hanno prodotto un recupero dell’azionario continentale, con l’Eurostoxx 50 che si è  portato per l’ennesima volta a ridosso della linea Maginot dei 3.715 punti, oltre i quali non ha mai chiuso. Poco mossi tassi e divisa,  la mattinata dei BTP è stata un po’ volatile, grazie all’insistente circolare di indiscrezioni di un Conte all’angolo ed eventualmente costretto a  opporre il veto alla riforma dell’ESM per volere dei 5 Stelle, una mossa vista con freddezza dai partner del Nordeuropa, visto che il Movimento era alla maggioranza quando è stata approvata la bozza. Il timore è anche che lo scontro nel Governo lo renda ancora più fragile. Così in mattinata è partita qualche vendita, amplificata eventualmente dalla liquidità  ridotta causa  clima semifestivo (oggi gli USA osservano orario ridotto). Successivamente, l’effetto si è progressivamente riassorbito, ed anzi lo spread è marginalmente calato grazie anche ad una certa pesantezza pomeridiana dei bonds eurozone core e del treasury.

Sembravamo avviati verso un’altro record di Wall Street, ma nel pomeriggio, in assenza di news macro, e in un contesto di attività ridotta causa Black Friday, il clima sull’azionario americano si è moderatamente assestato. Al deterioramento del sentiment ha contribuito un crash dell’oil (-4%) rimasto anch’esso senza spiegazioni specifiche (il Gas Naturale ha ceduto quasi il 7%), che ha pesato sul settore. Anche il SOX (Philadelphia Semiconductor) ha ceduto eventualmente in risposta a questa headline, che alza marginalmente le tensioni sul trade nel week end ( *U.S. WEIGHS NEW RULES TO FURTHER RESTRICT HUAWEI SUPPLIERS:RTRS ).

Così la Maginot ha tenuto, e l’azionario Eurozone ha restituito i guadagni per chiudere grossomodo invariato, ad eccezione di Londra che ha ritrovato la sua correlazione negativa col Pound e sofferto su energy e miners, e Milano. Wall Street ha chiuso anticipatamente restituendo i guadagni di mercoledì, con il VIX che è tornato bruscamente sopra quota 12. Trattandosi di fine mese, con oltretutto la semifestività  in US, non vale la pena di attribuire grande significatività alla price action. Rimandiamo le considerazioni tecniche al ritorno del “business as usual”. Tral’altro, la prossima settimana,  dal punto di vista macro, parte col botto: abbiamo nel week end i PMI ufficiali cinesi e lunedi i PMI Markit in Asia, Eurozone e USA, dove si aggiunge l’ISM manufacturing.