Consolidamento dell’azionario alla vigilia dello show al Parlamento UK.

Monta la tensione in vista del voto al Parlamento UK  di domani, sull’accordo tra Johnson e l’EU per la Brexit.
Con il NO del Dup, la possibilità di un approvazione sembra remota. Sarebbe cresciuta un po’ se Bruxelles avesse chiuso la porta a nuove estensioni, mettendo sotto pressione chi tra i Parlamentari dell’opposizione non vuole  assolutamente l’uscita senza accordo. Ma non e affatto chiaro,  ed anzi, fonti anonime avrebbero rivelato al Guardian che un esponente di peso come la Merkel reputerebbe inevitabile l’estensione in caso di fallimento.
Improbabile, quindi, ma non impossibile,  vista la  recente variabilità degli scenari alla Camera dei Comuni.
In effetti, il mercato resta costruttivo sulla vicenda,  come si nota dal livello con cui la  sterlina va incontro al grande evento (praticamente 1.29 vs $). A mantenere calmi gli investitori, però, contribuisce una circostanza che ha cambiato il quadro, e cioè che ora Boris Johnson ha un suo accordo con l’EU da portare avanti. In assenza di un approvazione domani, il Premier può puntare a chiedere estensione, fare nuove elezioni, consolidare il vantaggio e fare approvare l’accordo in un secondo tempo. Certo, il fatto di non aver deliverato la brexit entro il 31 ottobre, come aveva promesso, può costituire uno smacco, ma Boris può sempre rivendicare di aver riportato al tavolo delle trattative l’EU e, per quanto questo  sia opinabile, ottenuto un deal migliore di quello della May.
Per cui, anche in caso di sconfitta, gli asset non dovrebbero tornare a prezzare il livello di  stress esistente prima che emergesse la possibilità di un accordo. E c’è l’upside di un inattesa approvazione.
Certo, vista l’estrema imprevedibilità di questa vicenda (fino a una settimana fa tutti credevano che un accordo fosse impossibile) la cautela è d’obbligo.

Nell’attesa, ieri sera Wall Street ha chiuso in modesto progresso (+0.28%), ma sotto quota 3.000 di S&P 500, un livello che sembra restare fuori portata anche oggi.
L’Asia stamattina però non ha assorbito il clima costruttivo, con solo Mumbai, Jakarta e Tokyo marginalmente positive. Il tono negativo sul “China Complex” sembra essere stato prodotto da dati giudicati poco entusiasmanti, con la crescita del GDP anno su anno per il terzo trimestre indicata al 6%, 0.1% sotto attese e al ritmo minimo da inizio serie, nel 1992.

In realtà i dati di settembre non sono così brutti, col rimbalzo della produzione industriale dai minimi di agosto, e le  retail sales meglio delle  attese e in moderata salita. Leggermente più deboli delle attese gli investimenti fissi. Il messaggio dei dati, al  solito vicinissimi alle attese e privi di revisioni, a dimostrarne la natura  “addomesticata”, conferma quanto indicato dai PMI, ovvero che il manifatturiero si sta riprendendo, dopo una fase di debolezza. A spaventare il mercato, eventualmente il fatto che dati in ripresa implicano un minore stimolo nei mesi a venire. Il solito vecchio gioco cinese.

L’apertura europea è  avvenuta con un tono cauto, a cui hanno contribuito notizie corporate non proprio brillanti. Renault e Danone hanno rivisto al ribasso le previsioni di fatturato per il 2019. La prima in particolare ha avuto un effetto deprimente su tutto il settore auto.
Così l’azionario continentale ha trascorso la mattinata in consolidamento, ma i bonds non ne hanno tratto molta forza, e di conseguenza l’€ è rimasto ben supportato.
Nel pomeriggio, Wall Street ha aperto con il medesimo tono dell’azionario europeo, e per il momento si mantiene poco sotto la parità. Ciò ha un po’ accentualo la risk aversion nel Vecchio Continente, che chiude in calo per la seconda seduta di seguito.
Sicuramente l’appuntamento di domani col suo carico di incertezza pesa sul sentiment generale, anche perchè se la sconfitta mostrasse un margine elevato le  ricadute iniziali potrebbero essere robuste. Gli indici europei se la vedono anche con un € in ulteriore salita, supportato dal diverso comportamento dei rendimenti (In EU salgono in US scendono) e dal positioning corto dollari. Qualche presa di beneficio sul BTP vede lo spread rimbalzare di un bp alla fine di una settimana in cui ha stretto di 7.

In attesa del responso del  Parlamento UK, faccio un paio di considerazioni relative al quadro macro US e globale. Non è un segreto che recentemente le survey di attività economica hanno sorpreso in negativo, in US e globalmente. Solo la Cina ha mostrato un moderato recupero da livelli bassi.
Ciò detto, la forbice tra “hard data” e survey di attività si è recentemente aperta, con i primi che continuano a indicare, soprattutto in US ma anche altrove, il livello di attività non brillante, ma nemmeno così disastroso come le  seconde. La cosa si nota bene dando uno sguardo alla scomposizione del Bloomberg Surprise index USA, dove si nota come le survey abbiano sorpreso in negativo, e i dati in positivo

Citigroup ha osservato che nel 2016 si è registrato un fenomeno simile, e alla fine la  divergenza è stata  coperta con un rimbalzo della survey.

La  questione non è banale, perchè parecchi indicatori di sentiment e di positioning indicano che gli investitori sono posizionati più  in linea con quanto indicato dalle survey. Ho sottolineato questo pessimismo di fondo varie volte nel recente passato ( vedi Lampi del 10 Ottobre ). E la difensività si nota anche facendo  un raffronto tra flussi e direzione dei mercati globali (vedi figura, courtesy of Citigroup).

In sostanza, in aggregato i mercati sembrano essere alquanto impreparati ad un eventuale rimbalzo congiunturale, anche modesto.
Certo, il consenso degli investitori potrebbe essere nel giusto, e il deterioramento macro potrebbe continuare, minando ancora di più sentiment e utili.
Personalmente, però, nel breve ritengo più probabile una stabilizzazione. Questo perchè negli ultimi mesi è stato erogato globalmente parecchio easing monetario (una serie di tagli dei tassi da parte di diverse banche centrali seguita dalla ripresa dei programmi di acquisto all’ECB e alla Fed). Per quanto scetticismo possa circolare sulla residua efficacia delle politiche monetarie, negargli qualunque effetto mi sembra azzardato. Uno sguardo al grafico dei rendimenti Eurozone offre un chiaro esempio di quanto le financial conditions sono diventate accomodanti nel vecchio continente.

Visto  il livello sui cui giacciono alcuni indicatori di attività (PMI manifatturiero Eurozone 45.7, quello tedesco 41.7) mi sembra probabile un qualche genere di rimbalzo, specie se  lo stress su trade e su Brexit si attenua un po’.