Brusco cambio di umori sull’azionario a inizio mese.

Brusco cambio di sentiment sui mercati a inizio Dicembre, dopo l’idillio di Novembre.
In realtà, la  giornata si era aperta con l’azionario di ottimo umore.  Merito delle survey di attività economica cinesi di novembre, risultate significativamente sopra attese.
Sabato sono usciti i PMI ufficiali calcolati dal NBS. Il Manifatturiero, che aveva abbondantemente deluso a ottobre, ha recuperato con gli interessi, segnando il massimo da 7 mesi a questa parte (50.2 da prec 49.3 e vs attese per 49.5). Tra i sottoindici, buoni sia new orders (+1.7 a 51.3) che production (+1.8 a 52.6), e  meglio anche quelli relativi al trade. Il Non Manifatturiero è migliorato parecchio a sua volta (54.4 da prec 52.8 e vs attese per 53.1), marcando il massimo da 8 mesi. I servizi (80% dell’indice aggregato non manufacturing) sono migliorati, mentre le costruzioni (20%) hanno ceduto qualcosa.
Venendo al PMI manifatturiero calcolato da Markit, uscito stanotte, il messaggio è analogo: +0.1 a 51.8, quarto mese di espansione di fila e nuovo massimo da quasi 3 anni (Dicembre 2016). Meno univoci i sottoindici, con new orders -0.8 a 52.8 e production -0.1 a 52.9. Resta comunque un buon report, che conferma il recupero dell’attività del settore, ora indicato anche dai PMi del sopra citato ufficio statistico nazionale. E’ probabile che parte del rimbalzo sia dovuta ad un recupero dell’attività persa ad ottobre a causa delle festività, e per l’impatto dei nuovi dazi. Detto questo, le survey sembrano indicare anche un impatto dell’easing delle financial conditions (vedi lampi di Giovedì a questo link ).

Ironicamente, il  China Complex non ne ha beneficiato più di tanto, con progressi marginali per i principali indici (il migliore, lo HSCEI, ha preso lo 0.6%). Un recupero modestissimo, per mercati che hanno sottoperformato clamorosamente gli indici globali, e quelli dell’area, nell’ultimo mese. Eventualmente,  al temperare gli entusiasmi può aver contribuito la ripresa delle protestea Hong Kong, comprendenti dimostrazioni di gratitudine di fronte all’ambasciata americana per l’approvazione del Hong Kong Democracy act. Se vi era una possibilità che i Cinesi glissassero sulla rappresaglia, queste manifestazioni lo hanno escluso. Se non altro, per il momento la reazione non ha toccato il trade, ma si è limitata a imporre limiti di circolazione.
Inoltre, sul Global times è comparsa nuovamente l’indiscrezione che le Autorità cinesi vogliono ad ogni costo una riduzione dei dazi come contropartita per la firma dell’accordo.
Sui PMI manifatturieri, tra gli altri paesi dell’area asiatica, malissimo Australia (-3.5 a 48.1), meglio Indonesia (+0.5 a 47.7) Giappone (+0.3 da flash a 48.6) e Sud Corea (+1 a 49.4) e bene l’India (+0.6 a 51.2).
In aggregato, i mercati asiatici hanno ben figurato, trainati da Tokyo e Jakarta.

Con queste premesse, l’approccio all’apertura europea è avvenuto con toni costruttivi, e l’occhio rivolto alle revisioni dei PMI flash manifatturieri di novembre.
Che sono state positive.

Migliorano sia Francia che soprattutto Germania, che porta a 2 punti tondi il suo progresso da ottobre. Tra i dati non noti in sede flash, recupera la Spagna, mentre l’Italia si assesta meno delle attese. Tutto ciò si traduce in un miglioramento di 0.3 del Eurozone manufacturing, che porta a un punto tondo il rimbalzo da ottobre. I livelli restano in aggregato comodamente in contrazione (con l’eccezione della Francia tra i principali paesi), ma i segnali di stabilizzazione si intensificano.

Li per li, i numeri hanno accentuato il buonumore sull’azionario, con l’Eurostoxx per l’ennesima volta all’attacco del livello di 3715. L’impatto del buon sentiment sui tassi è stato accentuato dalle news politiche venute dalla Germania, dove l’elezione a nuovi leaders del SPD degli esponenti della sinistra del partito Norbert Walther-Borjans e Saskia Esken ha riproposto la possibilità che la politica fiscale tedesca diventi un po’ meno austera. Un’ ipotesi alternativa sarebbe l’uscita del partito dalla coalizione, ma l’esito di elezioni anticipate potrebbe essere una Coalizione CDU Verdi, e quindi il medesimo risultato in termini di finanza pubblica. Così il bund ha  preso a scendere in mattinata, trascinandosi dietro anche i bonds core, e i periferici. Anche perchè il BTP ha continuato a fare i conti con le turbolenze create nell’esecutivo dal  dibattito sulla riforma dell’ESM, per il quale Conte era atteso oggi riferire in Parlamento. A questo punto un rinvio dell’approvazione, prevista per la settimana prossima, non è affatto da  escludere, ed anche se sembra improbabile che il Governo Conte cada, un rimbalzo del sentimento anti europeo nell’elettorato può costituire una fonte di disturbo per un esecutivo già fragile. E poi c’è il periodo dell’anno, che rende gli operatori lesti a proteggere le performance liquidando. Così la carta italiana ha visto lo spread allargare nonostante la salita dei rendimenti del Bund, e l’impatto si è notato anche su Piazza Affari, che ha sottoperformanto i peers.

In tarda mattinata, il sentiment ha subito un primo colpo. Trump ha tweettato l’intenzione di ripristinare i dazi su acciaio e alluminio ad Argentina e Brasile, colpevoli di svalutazione competitiva a danno degli agricoltori USA. Una mossa di impatto specifico trascurabile, ma possibile avvisaglia di un ritorno alla belligeranza sul trade da parte del Presidente. O almeno così devono averla  intesa i mercati, visto che hanno invertito la marcia, cancellando i guadagni.

Abbiamo quindi approcciato il pomeriggio con un sentiment assai più  opaco rispetto a metà mattino, ma, stranamente, i tassi non vi hanno fatto molto caso.
Se gli investitori si aspettavano sollievo dalle news macro del pomeriggio, sono andati incontro ad amare delusioni. Vero, il PMI manifatturiero di Markit è stato rivisto al rialzo in maniera consistente (0.4) portando il progresso rispetto a ottobre a 1.3 punti a 52.6, massimo da febbraio scorso.
Ma la survey più seguita, qui in US, ovvero ISM manufacturing, ha costituito una doccia gelata. L’indice è sceso di 0.2 a 48.1, vs attese che lo vedevano recuperare 0.9 a 49.2. Brutti i sottoindici, con i new orders -1.9 a 47.2 nuovamente sui minimi dalla grande crisi. Meglio la production (+2.9 a 49.1) ma male l’employment (-1.1 a 46.6). In sostanza, i segnali di stabilizzazione di ottobre si sono decisamente attenuati.
Personalmente, continuo a ritenere che in questa fare il PMI di Markit (linea verde) abbia svolto un lavoro migliore dell’ISM manufacturing (linea tratteggiata viola), anticipando sia l’indebolimento che la stabilizzazione del manifatturiero USA.

In generale il manifatturiero globale conferma a novembre i segnali di bottom, segnali che l’obbligazionario sembra recepire (almeno questa è una delle spiegazioni della price action odierna).
Ma una stecca del genere era un po’ troppo per il sentiment odierno, già  fiaccato dall’inversione di tendenza. E così l’azionario ha mollato gli ormeggi  e si è definitivamente inabissato, aiutato in questo da un altro indizio che l’amministrazione USA si sta stufando (TRUMP WILL INCREASE TARIFFS IF NO CHINA DEAL, ROSS TELLS FOX).
In ogni caso, l’impressione personale è che la reazione dell’azionario vada oltre la rilevanza dei singoli catalyst, che hanno funto da pretesti per liberare una negatività latente.

L’azionario Eurozone, che nonostante l’impressione di forza fornita era stato sostanzialmente laterale nelle ultime 3 settimane, ha accusato tantissimo, chiudendo sui minimi con i principali indici a mostrare cali superiori al 2%. Più composta Wall Street, che ha per ora contenuto le perdite sotto il punto percentuale.
Se, sui cambi, il $ ha risentito del dato, i tassi hanno dato pochi segnali di accorgersi del mutato mood, continuando a salire più o meno ovunque.
Sottraendo il debole ISM dall’equazione, se ne ricava l’impressione che il mercato dei tassi stia infine reagendo con maggior convinzione all’evoluzione del quadro macro globale, rappresentata prima dal rally dell’azionario da ottobre in poi e successivamente dal recupero delle survey di attività economica. E l’azionario finisce per prendere atto che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero l’economia in ripresa e i tassi bassi sine die: alla fine uno dei 2 supporti deve venire a mancare. E sta quindi rispondendo con un aumento della volatilità al repricing dei tassi.
Questa la lettura “macro” della price action odierna, che risulta strana solo per il comportamento dei bonds, visto che una correzione dell’azionario era nell’ordine delle cose da un po’ e non deve sorprendere.

Dal punto di vista tecnico la situazione si fa interessante, ancorchè non scontata. Con il movimento di oggi l’S&P si appoggia si e no sulla media mobile a 20 gg, non viola particolari supporti, e rimbalzi sono ancora assai possibili, vista la cultura del “buy the dip” affermatasi nell’ultimo periodo. Il caveat è che non abbiamo ancora la chiusura odierna, e in generale i motivi di cautela restano legati all’eccesso di ottimismo rilevato più volte nei recenti commenti.

Meno simpatica è la  situazione europea. L’azionario continentale era stato, nelle ultime 3 settimane, assai meno direzionale e più debole in relativo rispetto agli USA. E la giornata odierna oltre a far rompere all’Eurostoxx 50 la media  a 20 gg e a mandarlo a contato con quella a 50 gg, cancella la performance di Novembre e manda in negativo ogni posizione iniziata nell’ultimo mese. Un quadro decisamente più problematico.