Una brusca inversione di tendenza a metà seduta ha permesso all’S&P 500 di chiudere in positivo venerdi sera (+1.5%) contenendo al 5% la perdita della settimana, e mettendo a segno un segnale di inversione di breve sul grafico daily.
Vista la violenza della recente price action (il range di venerdi ha superato i 4 punti percentuali di ampiezza) non è il caso di fidarsi troppo di questi segnali di breve. Detto questo, un paio di circostanze accrescono un po’ la significatività del minimo segnato la scorsa seduta. Intanto, il minimo intraday, a 2532 punti, corrisponde alla media mobile a 200 giorni (lambita l’ultima volta a novembre 2016). Non solo, ma il Future S&P 500 è rimbalzato sullo stesso livello che aveva toccato nella mattina di martedi scorso, il che costituisce un progetto di doppio minimo. Diciamo che a prescindere dalla conferma o meno del hammer oggi tramite un ulteriore recupero, il livello di 2530 si può considerare un buon supporto, ospitando la MM200 ed essendo stato testato 2 volte.
Il rimbalzo di Wall Street ha dato un comprensibile sollievo, all’Asia, anche se in realtà alla fine i recuperi non sono poi cosi marcati. Va detto che la regione questa settimana osserva importanti festività, tra cui Giappone oggi, India domani, e da mercoledi per una settimana intera tutti i mercati cinesi.
Dopo la mazzata della scorsa settimana (-10%), l’azionario cinese ha mostrato solo una modesta stabilizzazione. Le “H” shares hanno cancellato nel finale di seduta i guadagni, mentre Shanghai si è difesa un po’ meglio, con una sorprendente outperformance delle small cap. A mercati chiusi, gli aggregati monetari cinesi di gennaio hanno mostrato un esplosione dei new loans (2.9 trilioni di yuan da 0.58 e vs 2 trilioni attesi) ma il total social financing in realtà ha mostrato il consueto balzo di gennaio ma è terminato sotto attese (3.06 trln vs 3.15 attesi). Al di la dei consueti effetti stagionali, l’impressione è che il balzo dei new loans, a fronte del calo del total financing rifletta un brusco calo dello shadow banking system e la concentrazione del credito sui bilanci bancari, dove può essere meglio controlloto e indirizzato verso l’economia. Per il momento il quadro non mostra sostanziali modifiche.
L’apertura europea ha visto gli indici fattorizzare rapidamente il rimbalzo di Wall Street, mostrando da subito un buon tono. Risultati un po’ controversi da parte di alcune banche italiane (Paschi, Carige, Ubi) hanno gravato un po’ su Milano, e sul settore. Oggi in Eurozone non erano previsti dati e cosi i mercati si sono messi in attesa dell’apertura di Wall Street per vedere se anche oggi avrebbe guastato la festa.
Ma gli USA (privi di dati anche loro oggi) dopo un iniziale fase di prese di beneficio, ha ripreso (per ora) il rimbalzo, consentendo all’Europa di portare a casa il progresso maturato.
Il ritorno del risk appetite ha levato un po’ di supporto al dollaro, che negli ultimi giorni si era avvantaggiato del derisking sui cambi. Pochi movimenti sui bonds, dove gli spreads periferici si sono stretti un poco.
Il clou della settimana in termini di dati è rappresentato dal CPI US di gennaio, in pubblicazione mercoledi alle 14.30. Visto che il consenso è unanime nell’ indicare nel rialzo dei tassi il principale motivo di questa fiammata di volatilità (anche per mancanza di altri candidati, visto che macro e earnings sono OK) è comprensibile il focus degli investitori, in particolare dopo il dato dei salari orari nel labour market report di gennaio, che ha accentuato lo storno dei bonds US.
In effetti, un dato particolarmente forte potrebbe riaccendere la volatilità sui tassi, e con essa quella sull’azionario.
Pur essendo convinto (come dichiarato più volte nei mesi passati) che il 2018 vedrà l’inflazione salire in US e nel mondo, nel breve osservo sul singolo dato tutto è possibile (gli stessi salari orari sono stati protagonisti di numerose false partenze).
A fronte di ciò, il mercato ha assunto un posizionamento sui tassi estremamente difensivo, e quindi eventualmente vulnerabile ad un pullback. Il Report CFTC riporta un ammontare record di corto sui tassi, per la scorsa settimana, mentre la categoria dei dealers, che ha un buon track record, ha accumulato una posizione lunga ai massimi da vari anni (vedi grafico, courtesy of Deutsche Bank).
L’impressione è che, in assenza di un dato di CPI molto forte o di altri catalyst, il positioning sui tassi dovrebbe costituire un ostacolo a ulteriori robuste salite dei rendimenti, mentre potrebbe causare una robusta correzione in caso di un dato particolarmente deludente.
Una stabilizzazione dei tassi US leverebbe al mercato una preoccupazione, consentendo agli investitori di tornare a guardare dati macro e earnings, che restano buoni.