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Al Senato qualche ostacolo alla riforma fiscale preme sul sentiment

Lampi di  Colore 20

Per chi,  come  il sottoscritto,  è  entrato  in ufficio in orari europei, a  prima  vista la  seduta asiatica  è  sembrata simile  a  quelle che la  hanno preceduta: una certa esuberanza a Hong Kong, costruttività  negli altri principali indici, modesto consolidamento a  Tokyo.
Quel  che il  quadro  statico non coglie, è  la violenta oscillazione dell’azionario giapponese,  il  quale, salito  inizialmente  del 1.7%,  ha perso  dai massimi oltre il 3.5%,  per poi recuperare quasi la parità  nel  finale,  lasciando gli investitori a  interrogarsi  sui motivi di  quest’esplosione della volatilità realizzata intraday, ma  soprattutto  sulle  implicazioni per l’azionario globale.

Riguardo i primi,  le  ipotesi fatte  sono quelle  tipiche di quando manca un catalyst credibile  (scadenza opzioni, algoritmi, prese di beneficio a 23.000 punti di Nikkei etc).
Circa le  seconde,  direi che il punto è  se  ciò implica un inizio di fase correttiva per l’indice migliore degli  ultimi 2  mesi.
Sul fronte tecnico, la  price  action disegna un enorme doji al  termine di un rialzo che ha visto  l’indice  accumulare un ipercomprato siderale (RSI 14 Daily > 90). Se seguito da una discesa (cosa  che mi pare probabile,  con l’aria che tira a fine giornata) indica una possibile inversione del trend.

Lampi di  Colore 19

Onestamente, non è  che l’azionario giapponese possa  essere considerato  un trend setter per  i  risk  asset globali.  Prova ne è che fino all’esplosione autunnale il  Nikkei era stato  tra  i peggiori indici azionari,  rimanendo pressochè al palo.
Ciò detto,  una brusca correzione può facilmente contagiare altri asset attraverso i consueti canali (cambi,  shock di volatilità  etc)  specie in questo periodo  dell’anno.

Nonostante il Nikkei, la mattinata  europea non ha avuto toni particolarmente travagliati.  Sul fronte banche, un atteggiamento più  collaborativo dell’organo di vigilanza  ECB (*NOUY SAYS DATES OF NPL GUIDANCE IS ELEMENT THAT CAN BE REVISED) e alcune trimestrali (Unicredit,  BPER) hanno ridato  un po’ di vigore al  settore  bancario. A tradire un po’ di nervosismo,  alcune reazioni a  trimestrali non in linea con le attese (mi vengono  in mente Siemens, Adidas,  Yoox, Azimut, Europcar…). In generale  mi sembra di notare una certa asimmetria al  ribasso.

Protagonisti della  tarda mattinata sono stati i bonds europei, vittime di un brusco selloff senza particolari distinzioni,  a parte una moderata tendenza alla  sottoperformance da  parte dei periferici.
Come  catalyst si sono indicate alcune dichiarazioni tendenti all’hawkish da  parte di membri ECB (CONSTANCIO SAYS RECENT DATA INDICATE GROWTH COULD BE STRONGER. ECB’S LANE SAYS HE DOESN’T RULE OUT INFLATION SURPRISES. MERSCH SEES VERY TIMID SIGNS OF INFLATION PRESSURES BUILDING UP) ma  in realtà discorsi simili i giorni scorsi (vedi le  indiscrezioni sui dissensi eccellenti) non hanno sortito effetti apprezzabili.
Avendo più volte  osservato che la  forza  dei bonds europei cozzava  con il  sentiment globale, l’incombente riduzione degli acquisti e la  forza  di oil e  commodites,  sono l’ultimo a  stupirmi se tornano un po’ coi piedi per terra.

In ogni caso, l’improvvisa volatilità  sui bonds ha incrementato il nervosismo latente sui mercati e offerto supporto all’€ vs  un dollaro a sua volta nervoso per l’incombere della pubblicazione della bozza di misura fiscale del  Senato. Tra l’altro, in nottata era trapelato che si sarebbe trattato più di un illustrazione di concetto che di una proposta legislativa dettagliata, il che ha messo un po’ di pressione anche ai future azionari US.

Nel pomeriggio l’aria ha continuato a rarefarsi sui mercati. Inizialmente Wall Street ha provato a rimbalzare dalle  secche dell’apertura, ma senza la consueta verve.

Tassi in rialzo,  la  forza  dell’€ (un po’ conseguenza dei primi) e l’incertezza a  Wall Street hanno imposto agli indici europei perdite in media superiori al  punto percentuale. In difficoltà  per  una volta anche il  credito,  contagiato  dalla volatilità  sugli altri asset.

A mercati  europei chiusi  è  arrivata una conferma che il  Senato US sta  lavorando  su un ipotesi di riduzione della corporate tax solo nel 2019, e ciò  ha aumentato  la  risk aversion. E’ evidente che il  mercato  si  rifiuterà  di prezzare una misura il  cui impatto è cosi distante nel tempo, senza  contare che,  alla luce delle possibili differenze tra le  bozze di Senato e  Camera, la  riconciliazione avrà  tempi lunghi.
Personalmente,  stento a  credere che i Repubblicani al  Senato  facciano sul  serio. Un simile  rinvio vorrebbe dire diminuire il potenziale politico della misura fiscale  in vista delle Midterm elections,  aumentando il  rischio di perdere la  maggioranza risicata che hanno (3 seggi). Vedremo.

L’impatto si è notato anche sul  $,  anche se non cosi forte come si poteva immaginare,  mentre i treasuries sono rimasti stabili,  limitandosi a  outperformare massicciamente i bonds  europei,  che hanno ottenuto  un supporto solo marginale dalla risk aversion. Dopo essere arrivato a perdere l’1%,  l’S&P 500 sta nuovamente provando a  rimbalzare. Una chiusura positiva  sembra un  filo ambiziosa oggi, ma la  “dip buying culture” è  più  forte che mai e quindi non mettiamo limiti. Peraltro, Small cap,  high yield e bond emergenti continuano a faticare. In generale,  i segnali premonitori di una correzione che super l’ 1/2% di estensione tra massimo e minimo continuano ad  aumentare.