Inizio di settimana a scartamento ridotto sui mercati, principalmente a causa della festività in UK (e quella in Sud Corea).
A scacciare l’indolenza con cui l’Asia aveva approcciato la giornata ci hanno pensato i mercati cinesi, protagonisti di una seconda parte di seduta spumeggiante.
Difficile dire da dove venisse tanto entusiasmo, visto che i colloqui USA – Cina si sono conclusi senza accordo, ne uno straccio di comunicato, ne la fissazione di una data per un nuovo summit.
L’unico risultato tangibile dell’incontro è stato la definizione delle rispettive richieste, che ha peraltro sottolineato la distanza che per il momento separa le parti in causa. L’aspetto positivo è che i toni sono stati composti. Quello negativo è che le prossime news che avremo sul argomento saranno con ogni probabilità costituite dai dettagli dei nuovi dazi US (e rappresaglia cinese), nonchè nuove misure di limitazione degli investimenti cinesi in US.
Un certo supporto è venuto dalla trimestrale di Alibaba, che ha attirato acquisti sull’intero settore dei consumer goods. Forte anche il settore energy, trainato dalla forza del petrolio che ha superato il 70$ al barile, massimo dal novembre 2014.
Sta di fatto che i progressi delle “A” shares superano abbondantemente il punto percentuale, mentre sono più tranquille le “H” shares (aziende statali in cui dominano le banche, quotate a Hong Kong), e Taiwan.
Alla riapertura dopo 2 giorni di festività, Tokyo ha fatto i conti col rafforzamento dello Yen, il che ha forse frenato l’azionario. Marginali progressi per Sydney e bene l’India.
Il tema di fondo dei prossimi mesi, per i mercati cinesi e dell’area, è in che misura le autorità cinesi stanno abbandonando i propositi di deleverage del sistema, a favore di una politica monetaria e fiscale più espansiva, per proteggere l’economia nazionale dagli effetti delle frizioni commerciali con gli USA (vedi Lampi del 26 Aprile)
All’apertura, gli indici europei hanno provato a fattorizzare la forza di Wall Street di venerdi sera e le variazioni positive dei futures, ma con Londra chiusa l’abulia si è rapidamente impadronita dei mercati.
Sul fronte macro, altra delusione dai factory orders tedeschi di marzo (-0.9% da prec -0.2% e vs attese per +0.5%). Come di consueto, dopo i PMI generali sono stati pubblicati i PMI specifici dei settori retail. Personalmente non ho mai prestato troppa attenzione a queste serie, ma osservo che il Retail PMi italiano di aprile è piombato da 48 a 42.7. L’entità del calo depone male per i consumi nei prossimi mesi. Marginali variazioni per i dati tedesco e francese, mentre la debolezza di quello italiano è presumibilmente responsabile per la discesa da 50.1 a 48.6 di quello aggregato Eurozone. Giova ricordare che queste serie non sono mai assurte ai livelli dei PMI generali (il massimo del dato europeo è stato 53.2 a giugno).
La miseria del macro europeo non è sfuggita al mercato dei cambi, che, in un regime di liquidità ridotta ha spinto l’€ fino a lambire 1.19 vs $. Qualcuno vi ha visto anche un effetto dei toni intransigenti di Di Maio e Salvini all’uscita dalle consultazioni, ma francamente io ne dubito. Gli asset italiani non hanno fatto una piega, anzi hanno accelerato al rialzo in tarda mattinata.
L’ulteriore discesa dell’€ ha offerto altro supporto all’azionario europeo, che, sempre nell’ambito di un regime di attività ridotto, ha accumulato dei progressi. L’unico settore a rimanere indietro, in particolare nella prima parte di seduta, è stato quello bancario. Già, perchè gli effetti del newsflow macro si sono visti anche sui tassi europei. E poi, non è che i risultati delle banche siano brillantissimi nel primo trimestre (Bloomberg indica un -3% di aggregate surprise in termini sia di EPS che di fatturato per le banche presenti nell’Eurostoxx 50). Il mercato teme che un eventuale prolungamento di questa fase di rilassamento macro produrrà un rallentamento della normalizzazione della politica monetaria, e così il ritorno alla redditività del business tipico del settore verrà di nuovo rinviato.
Non è che l’arrivo degli USA abbia apportato particolare verve all’attività. Oggi non era prevista la pubblicazione di alcun dato macro, e il sentiment è sembrato inalterato rispetto a venerdi, con i principali indici impegnati a costruire sui progressi della fine della scorsa settimana. I toni rilassati di Bostic (*BOSTIC: COMFORTABLE WITH SOME DEGREE OF 2% INFLATION OVERSHOOT) hanno impresso una tenue spinta rialzista ai tassi, il che ha ridato un po’ di forza al settore bancario, mentre il Nasdaq prende forza da Alibaba e Apple, dopo la disclosure di Buffett venerdi.
Così la chiusura europea vede ulteriori progressi per i principali indici, guidati dal Dax che più degli altri si avvantaggia del calo dell’€. In calo i rendimenti eurozone, in controtendenza rispetto a quelli US. Spread in discesa, in particolare per il BTP, nonostante l’aut-aut di Mattarella (o governo neutrale fino a dicembre o elezioni subito). Vedremo domani se la prospettiva di elezioni in 2-4 mesi disturberà un po’, ma è un fatto che chi ha giocato al ribasso sugli asset nazionali, contando sull’impatto dell’ingovernabilità che stiamo toccando con mano ora, si è scottato.
Sul fronte tecnico, trovo interessante il quadro in cui versa il Russell 2000 small cap US.
L’indice, che da inizio anno ha outperformato quello generale su tutte le scadenze, sta approcciando una resistenza (la trend line discendente dai massimi) il cui superamento aprirebbe a nuovi massimi.
Tradizionalmente le small cap US sono più sensibili allo stato dell’economia nazionale (rispetto a quella globale) e meno tax – efficient e quindi hanno più da guadagnare dalla riforma fiscale. Di conseguenza il comparto è ben posizionato per approfittare del quadro, potenzialmente favorevole.