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Al quarto tentativo, l’S&P 500 ce l’ha fatta….

Al quarto tentativo,  l’S&P 500 ce l’ha fatta, venerdi, a superare il livello di 2730 e tornare sopra la media mobile a 50 giorni. Lo ha fatto con una seduta decisamente  robusta (+1.6%),  anche se dal punto di vista tecnico sarebbe stato meglio avere volumi in salita. Peraltro, in assenza di capovolgimenti di fronte finali, il progresso odierno conferma la  rottura di venerdì.  L’area 2700-2730 (range tra i minimi della scorsa settimana e la citata resistenza) diventa un area di supporto sopra  la  quale  l’indice è proiettato verso un test dei massimi di gennaio.

Interessante anche la price action dei treasuries, che con il buon recupero di venerdì hanno messo a segno una figura di inversione (hammer) sul grafico settimanale. Certo,  la  solidità della stabilizzazione dei tassi US subirà 2 importanti test nelle prossime ore, con la  testimonianza di Powell, al suo esordio davanti al  Congresso,  seguita il giorno dopo dalla pubblicazione del PCE core trimestrale, all’interno della seconda stima del GDP  US del quarto trimestre.

Naturalmente, la  forza di Wall Street e il raffreddamento dei rendimenti US hanno favorito la  seduta asiatica stanotte, con tutti i principali indici a mostrare performance positive.
A guidare il movimento,  l’azionario cinese, che ha potuto contare su ulteriori iniezioni di liquidità da parte della  PBOC, via reverse repo. Sul fronte macro,  i prezzi delle case nelle principali 70 città hanno mostrato segnali di moderato raffreddamento a gennaio. Nel week end è emersa una proposta di modificare la costituzione, per permettere al Presidente di servire per più di 2 mandati. La proposta, che dovrà  essere discussa nel People Congress che inizia il 5  marzo, non costituisce in assoluto una sorpresa, perchè  al Congresso del  partito  in autunno era già apparsa evidente l’assenza di un successore naturale di Xi Jinping tra i leaders elettI.  In ogni  caso si tratta di uno sviluppo ben visto dal mercato, perchè  da stabilità  alla  guida del  paese e  lascia più tempo per  portare avanti le riforme,  senza doverle concentrare nei 5 anni del mandato residuo.
A parte ciò, dal congresso dovranno emergere i target di crescita, e  le direttive di politica economica e fiscale  per  l’anno in corso.
Positiva anche Tokyo, sebbene meno di quanto ci si potesse attendere vista la  performance di Wall Street. Le dichiarazioni di Kuroda, secondo cui è essenziale che la  BOJ continui l’attuale politica espansiva, e non vi è  alcun proposito di procedere ad una revisione della stessa, non hanno ottenuto di indebolire lo Yen. Moderati progressi dagli altri principali indici dell’area.

Tutto sommato, timida anche la reazione dell’azionario europeo al balzo di quello USA. Gli indici hanno aperto con progressi poco  oltre il mezzo punto, e  si sono attestati su quei livelli in attesa del pomeriggio, nonostante gli ulteriori progressi dei future sugli indici US. D’altronde,  al  termine di questa settimana abbiamo le  elezioni italiane, e  il  voto  interno al  SPD per la  formazione della coalizione con la  CDU della  Merkel. Alla  luce dell’incertezza per  l’outcome in Italia, e la  ridotta ma non nulla  probabilità  di un incidente di percorso in Germania, un po’ di nervosismo è  da mettere in conto nei prossimi giorni, e potrebbe costituire un modesto fattore negativo anche per l’€.
In ogni caso, il miglioramento del sentiment ha offerto supporto stamattina ai bonds periferici europei, che hanno visto  i loro spreads stringersi nei confronti dei bonds tedeschi,  rimasti più  o meno stabili.

Vuoto  il calendario macro europeo, ci ha pensato Draghi a fornire un po’ emozioni con la sua testimonianza al Committee on Economic and Monetary Affairs al  Parlamento Europeo. I toni del  Presidente ECB sono stati cauti:  la crescita è  sopra attese ma  l’inflazione deve ancora mostrare segnali convincenti di recupero, e abbisogna ancora di un elevato grado  di stimolo per tornare al  target. La  guidance sui tassi è molto  importante, e un estensione del QE non è  stata discussa. Nessun accenno volontario a  una modifica della guidance nei prossimi meeting.  Scarso  il’impatto sui rendimenti (un temporaneo calo) mentre la divisa unica ha reagito di più, cedendo i guadagni della mattinata.
Il calendario macro US ha offerto qualche spunto in più. Il  Chicago Fed national activity index di gennaio ha deluso (0.12 da 0.14 e vs attese per 0.25) mostrando un attività più vicina al trend (tenuto conto anche della revisione di dicembre), di quanto si stimasse.  Brutto anche il dato di vendite di case nuove (-7.8% da -7.6% e vs attese per +3.5%), ma gennaio è un mese debole, il tempo è stato brutto, e i dati dei 3 mesi precedenti sono stati rivisti al  rialzo. Buono,  per contro, il  Dallas Fed manufacturing di Febbraio, a 37.2 da 33.4 e vs attese per 30).

Wall Street non ci ha fatto caso più di tanto,  ed  è  partita al rialzo, trainata da finanziari, Tech, e industriali. Buona intonazione anche sul mercato dei tassi, in attesa di Powell, con rendimenti in ulteriore moderato calo. Il buon sentiment ha permesso all’azionario Eurozone di chiudere sui massimi, confermando l’esigua rottura del la  resistenza in area 3440 (vedi Lampi di Venerdi)

In settimana il calendario prende decisamente vita: Domani abbiamo il CPI tedesco, mentre in US fanno da contorno a Powell, tra gli altri, i Durable  goods orders di Gennaio e la Consumer confidence di febbraio. Mercoledi abbiamo i PMI cinesi di febbraio, e il  CPi europeo flash di febbraio. In US la seconda stima del GDP del  quarto trimestre, con il  citato PCE core. Giovedi abbiamo i PMI Markit manifatturieri febbraio in Cina e Eurozone e l’ISM manufacturing per febbraio in US.