Recentemente, le aspettative nei confronti del G7 non sono mai abbastanza basse.
Sull’ultimo, di scena a Quebec City venerdi e sabato scorsi, circolavano previsioni assai pessimiste, ma nessuno immaginava un esito finale cosi drastico. Il lavoro di 2 giorni di negoziati estenuanti è stato apparentemente mandato all’aria da un uscita incauta del Premier Canadese Trudeau, che ha mandato su tutte le furie Trump. Il Presidente USA, che già aveva fatto di tutto per mostrare la sua scarsa considerazione degli alleati (annunciando la partenza anticipata e ignorando il dress code) era stato convinto a sottoscrivere un comunicato congiunto dai toni tenui e generici. Ma, presumibilmente leggendo della conferenza stampa di Trudeau (o usandola come pretesto), ha ritirato l’approvazione all’accordo con un Tweet dall’aereo. Trump ha anche attaccato l’ Europa e la Germania sui contributi alla Nato e accennato nuovamente alla necessità di mettere dazi sulle auto straniere, suscitando reazioni tra lo sdegnato (Macron) e il gelido (Merkel).
Disastro, quindi? Mah.
In realtà, il pessimo stato delle relazioni tra USA e alleati era noto, e l’unico obiettivo alla portata del G7, in questa fase, era un comunicato congiunto atto a salvare le apparenze e la forma, unica vera vittima del Summit.
Le Midterm elections si avvicinano e la tipica teatralità di Trump viene accentuata dai fini elettorali. Personalmente, non sono propenso a dar troppo peso alle sue sparate. In fin dei conti, non ha lasciato il G7 in anticipo per recarsi ad un summit che appena 2 settimane fa aveva deciso di disertare? E lo slalom sulla soluzione per la cinese ZTE?
Intendiamoci, le relazioni tra la Casa Bianca e gli altri paesi del G7 si sono assai deteriorate nell’ultimo periodo (sebbene non sia chiaro dove collocare l’Italia in questa fase) per una serie di motivi, ma i danni fatti in Canada mi paiono più di forma che di sostanza. il prossimo appuntamento di sostanza è il 15 giugno, quando la Casa bianca dovrebbe annunciare i dazi su 50 bln di importazioni dalla Cina.
Cosi deve averla letta anche il mercato, se è vero che le reazioni sono state modeste fin dalla seduta asiatica. Il sentiment generale si deve essere giovato anche dell’ottimismo sul meeting Trump – Kim (3.15 AM ora italiana) anche se, conoscendo le parti in causa, io non escluderei altri “incidenti formali”. Sicuramente Seul se ne è avvantaggiata. Un balzo degli ordinativi di macchinari di aprile (+10.1%) ha offerto un po’ di supporto a Tokyo. Marginalmente positive anche Mumbai e Hong Kong, mentre l’azionario cinese ha continuato a segnare il passo (sia “A”, che “H” shares), in attesa delle comunicazioni del 15 sui dazi, e forse, i dati macro di mercoledì. Privo di impatto il dato di CPi di maggio pubblicato nel week end, stabile a 1.8% in linea con le attese. In accelerazione il PPI (4.1% da prec 3.4% e vs stima di 3.9%) grazie principalmente alle materie prime.
L’apertura europea ha visto dalle prime battute il robusto rimbalzo degli asset italiani, favorito dal circolare sui media nel week end dell’intervista del Ministro dell Economia Tria sul Corriere, nella quale, oltre a ribadire l’intenzione di restare nell’ Euro, il Ministro ha dichiarato che bisogna mantenere i conti in ordine per conservare la fiducia degli investitori, e confermato che la copertura finanziaria di ogni legge è un obbligo sancito dalla Costituzione. La crescita verrà ottenuta tramite riforme, le quali devono essere finanziariamente sostenibili, e la riforma delle banche non è ancora stata discussa. La responsabilità fiscale che pervade l’intervista è difficile da conciliare interamente con il programma del Governo del Cambiamento e con la retorica recente di alcuni leaders Gialloverdi, ma è musica per le orecchie degli investitori, che hanno fatto aprire in gap i BTP e Piazza Affari, con particolare fervore sulle banche. Naturalmente anche la divisa unica ne ha beneficiato, mentre la carta tedesca ha perso vistosamente il supporto del fly to quality.
Poche le news sul fronte macro europeo, ma il tono non è cambiato. Sia la produzione industriale italiana che quella UK di aprile hanno deluso. Ma l’ottimismo sul fronte politico italiano ha coperto il resto, e dopo una fase di presa di beneficio in tarda mattinata da parte di coloro che avevano comprato la debolezza venerdi, gli asset nazionali hanno accentuato i progressi senza più guardarsi indietro. La loro forza ha infine contagiato anche l’azionario europeo, che inizialmente aveva mostrato scarsa partecipazione all’euforia, frenato forse anche dalla forza dell’€
Oggi in America era tregua sul fronte dati, e, in attesa dell’outcome del Summit di Singapore, Wall Street si è quietamente accodata all’Europa.
La chiusura europea vede un vigoroso rimbalzo di Milano, guidata dal settore bancario (+5.85%), ma anche gli altri indici mostrano recuperi significativi, e il settore bancario europeo sfiora il 3% di progresso. Difficile dire cosa abbia causato il recupero del Dollaro, che a metà pomeriggio stazionava sopra 1.18 vs €. In parte può essere l’incombere del FOMC di mercoledi, nel quale un rialzo di 25 BPS è scontato, mentre il vero dubbio è se l’aggregato delle previsioni dei membri proietterà un altro solo rialzo per il 2018, oppure si spingerà a indicarne 2. L’ECB, per contro, giovedi potrebbe annunciare la fine del QE, ma vista la recente mediocrità dei dati europei, vi è una significativa probabilità che prenda tempo e rimandi la decisione a luglio.
A proposito del livello del dollaro, si potrebbe poi osservare che se davvero Trump vuol riempire di dazi i prodotti di provenienza estera, i principali effetti saranno in primis un aumento dell’inflazione (concentrazione della domanda sui prodotti US e aumento dei prezzi finali di quelli esteri), con eventuale inasprimento della stance FED, e in secondo luogo un indebolimento relativo dei principali partner commerciali, che traslerà sulle loro divise (vedi il Dollaro canadese, oggi tra i cambi più deboli). Ma non direi che la trade war sia tra i principali driver della seduta odierna,nonostante l’epilogo del G7
Sul fronte Bonds, per effetto dei movimenti di BTP e bund, oggi lo spread è calato di 33 bps a 232 sul 10 anni e collassato di 67, a 162 sul 2 anni. Valori ancora troppo elevati, in particolare il secondo, a mio parere. Ma la situazione resta fluida e mercoledi ci sono fino a 7.25 bln di BTP in asta (3, 7 e 30 anni), e altra volatilità non è da escludere.
Chiudo con una sintesi degli eventi principali della settimana, che è alquanto piena:
Domani apriamo con il risultato del meeting Kim Trump e tra i dati spicca il CPI us di maggio, con le attese che vedono headline a 2.7%& e core a 2.2% entrambi ben sopra il target FED.
Mercoledi abbiamo il citato FOMC, con conferenza
Giovedi abbiamo l’ECB, preceduta, in Cina dalla pubblicazione dei dati macro di Maggio (Produzione industriale, retail sales e investimenti, e seguita dalle retail sales di Maggio in US.
Venerdi chiudiamo il meeting Bank of Japan, e tra i dati la prima survey regionale di giugno in US, a NY.