Toni cautamente positivi da Draghi

NB :  Per un disguido, l’invio di Lampi non ha funzionato martedi. Alcune parti vengono integrate nel  pezzo odierno.

Ieri sera,  Wall Street ha concluso con un modesto rialzo una seduta di consolidamento,  seguita  al robusto calo di martedi. Attenuatesi le tensioni geopolitiche e quelle  sul trade (almeno finchè  Trump non annuncerà i nuovi dazi su 100 bln di importazioni) a zavorrare l’azionario US hanno contribuito la  perdurante pesantezza del  tech, e il pubblicizzatissimo superamento del 3% da parte del 10 anni treasury.
Oltre a ciò, martedi il mercato  ha preso male la  dichiarazione del CFO di Caterpillar che il primo trimestre potrebbe costituire il  picco degli  utili per il  2018. L’ipotesi tocca un nervo scoperto del mercato, ovvero  il timore che l’attuale  livello dei profitti sia insostenibile e cosi la  debolezza si è  rapidamente estesa a tutto il  settore  industriale (-2.8% martedi) e agli indici generali.
In realtà, le  indicazioni sullo stato del  ciclo globale che si traggono dalla trimestrale di Caterpillar non sono affatto cosi disastrose.   Il  colosso dei macchinari ha annunciato un aumento della guidance del 24% sugli utili dell’anno in corso, citando la  forza dei risultati del primo trimestre e la crescita della  domanda nella maggior parte dei mercati di sbocco (con speciale menzione per Cina e USA). La prudenza è in parte giustificata dalla crescita dei costi e del capex. Ma il quadro che emerge dello stato della  domanda  globale, in particolare in settori come infrastrutture e immobiliare, è egregio.
La  pessima performance del titolo post risultati ricalca quella di altre grosse aziende US in quest’ earning season (vedi ad esempio le banche come JPM, Goldman e Citi).   Il fatto è che, nonostante la recente  volatilità, il  consenso degli investitori continuava ad attendersi che gli EPS avrebbero battuto agevolmente le  stime –  io stesso avevo più volte espresso quest’idea – e quindi la comparsa di prese di beneficio a fronte di “beat” come quello di Cat non deve sorprendere più di tanto.

A proposito di spesa in infrastrutture, sviluppi interessanti a inizio settimana sul  fronte cinese.  Sui media ufficiali  sono comparsi stralci di uno statement emesso alla conclusione di un meeting del Politburo, presieduto da  Xi Jinping.  Apparentemente, le autorità sono preoccupate dell’impatto sul ciclo  delle frizioni commerciali con gli USA, e, per la  prima volta dal  2015, hanno sottolineato la necessità di supportare la  domanda interna,  per garantire la  stabilità  dell’economia.
Nel  gergo ufficiale,  questa formula viene comunemente tradotta con “politica fiscale  espansiva”. Cosi è stato anche 3 anni fa quando stimolo fiscale e la  riduzione delle misure anti speculazione immobiliare hanno prodotto  il rimbalzo congiunturale osservato da metà  2016 in poi (vedi grafico del noto Li Keqiang index, un aggregato di indici di consumo elettricità, trasporto merci ed erogazione del credito di comprovata efficacia nel misurare l’attività  economica in Cina)

A prestar fede a  quest’indizio sembra che, memori della frenata dell’economia cinese nel biennio 2014-15, questa volta le  autorità vogliano muoversi in anticipo. E’ chiaro che una  riaccelerazione del ciclo cinese avrebbe importanti conseguenze su domanda globale e livello delle commodities.
Vedremo.
La notizia era comunque stata salutata da un vigoroso rimbalzo dell’azionario cinese martedi, cancellato dalla discesa odierna.

Già, perchè le piazze cinesi continuano a soffrire, nel breve, della doppia zavorra tech-trade war. Sul primo fronte abbiamo l’impatto della  pesantezza delle  FANG sugli omologhi locali come Tencent.  I dubbi sulla domanda di prodotti Apple stanno pesando sull’indotto, e ieri abbiamo avuto anche l’indagine USA su Huawei.  Sul fronte trade, forse il  circolare  di indiscrezioni secondo le  quali Trump intenderebbe inviare  Kudlow, Lighthizer e Navarro insieme a Mnuchin in Cina ha avuto un impatto sulla confidence degli investitori locali circa il raggiungimento di un accordo. Almeno gli ultimi 2 elementi della  triade  fanno parte del  fronte intransigente sul trade, e l’impressione è che Trump,  con il  loro invio, intenda evitare un atteggiamento eccessivamente morbido da parte della  sua delegazione.
Infine,  si sa  che gli impatti della  politica fiscale e monetaria hanno tempi lunghi, e nel breve il mercato forse si interroga su cosa abbia preoccupato le autorità cinesi tanto da modificarne l’atteggiamento.
Viceversa, Tokyo continua a beneficiare della forza dello Yen e dei tassi US, e ha chiuso sui massimi da 2  mesi. Seul è stata supportata dai buoni risultati di Samsung, e Mumbai dalla forza del  settore bancario.

Oggi era la  giornata dell’ECB, e i mercati europei hanno aperto con consueto tono incerto, sebbene nessuno si attendesse particolari sorprese dal  meeting e dalla conference. La mattinata è passata con l’azionario in moderato recupero per lo più grazie al  tono delle trimestrali uscite ieri aftermarket in US (Facebook) e in Europa stamattina. Più nervosi cambi e tassi, impegnati in position squaring prima di Draghi.

Come ampiamente atteso, l’ECB oggi non ha apportato alcuna modifica alle misure, e confermato in toto le  guidances su tassi e  programma di acquisti. Il tono della conference di Draghi è stato cautamente positivo. Il Presidente ha riconosciuto il rallentamento dei dati macro, ma ha dichiarato che è convinzione del Governing Council che si tratti di un calo fisiologico dell’attività dai livelli assai robusti di fine 2017, aggravato qua e  la da  fattori specifici come clima e scioperi. Il quadro di crescita resta robusto anche se i recenti segnali vanno monitorati attentamente, per valutare se effettivamente indicano qualcosa  di più  strutturale.
L’ECB rimane fiduciosa che, con una politica monetaria adeguatamente accomodante l’inflazione tornerà al target. La discussione è rimasta incentrata sul quadro macro, e la politica monetaria non è stata nemmeno discussa, cosi come non è stato discusso del livello del cambio visto  che la  volatilità si è attenuata.
L’impressione che se ne ricava è che il  Governing Council resti in aggregato convinto dello scenario di ripresa dell’economia europea e dell’inflazione illustrato a inizio anno, ma che il  recente deterioramento dei dati gli abbia levato qualsiasi urgenza di comunicare variazioni alla stance. L’ECB necessita di altro tempo per monitorare i dati, il che rende improbabile una decisione sul  QE prima di luglio. Un eventuale ulteriore indebolimento del ciclo potrà impattare sulla  stance di politica monetaria.

La prospettiva di dover attendere ancora 3 mesi per sapere il destino del  QE,  condita con la possibilità  di un’ estensione più  lunga delle attese se i dati continueranno a deludere,  ha offerto supporto ai bonds europei, che mettono a segno un discreto rimbalzo. La divisa unica, smaltito lo sgomento per il  disinteresse di Draghi,  ha ripreso con forza  la discesa. D’altronde, con l’ECB alle spalle, il focus  torna sul divario di performance macro con gli USA, il crescente differenziale tassi, e il positioning sbilanciato sul lungo €. Il  prossimo appuntamento rilevante sul  fronte cambi è col FOMC di mercoledi prossimo.

In US,  messaggi altalenanti dai dati macro odierni:
**  I Durable  goods di marzo hanno deluso. Il +2.6% del  dato headline è dovuto al balzo degli ordinativi di aereomobili, mentre il dato depurato dalle componenti volatili è calato di 0.1% con revisione al  ribasso da +1.4% a +0.9% del dato di febbraio. Il consenso era per +0.5%. Fiacco.
** Il goods trade deficit di marzo però è risultato inferiore alle attese di ben 7 bln, calando da 75.9 a 68 bln, grazie  a  un forte  calo delle importazioni. Il  dato, che riflette probabilmente lo  svanire dell’effetto del  capodanno cinese, comporta un rialzo di 0.2/0.3% delle stime di crescita per il  primo trimestre del 2018.
** I sussidi di disoccupazione hanno fatto segnare il nuovo minimo a 209.000.
** Il Kansas Fed Manufacturing di aprile ha fatto segnare 26 vs attese di invariato a 17.

Confortato dal ritracciamento del 10 anni treasury al  di sotto del 3%,  e dalla buona forma odierna di alcuni dei suoi campioni recentemente caduti in disgrazia (Facebook +9% dopo i risultati) l’azionario US ha preso la via del rialzo, trainando ad una buona chiusura un azionario europeo che aveva comunque retto bene nella fase negativa delle ultime  sedute, e che ottiene supporto anche dall’€ debole,  ai  minimi dal  12 gennaio contro $. Unico settore marginalmente negativo sono le banche, che pagano il calo dei rendimenti.
Il  pullback dei tassi  favorisce leggermente gli emittenti core europe, che avevano sottoperformato nell’ultimo periodo, mentre la periferia, che aveva tenuto alla grande, vede gli spreads in moderato allargamento.

Sul fronte tecnico, con l’azionario US che torna nella parte intermedia del range, e i tassi che si prendono una pausa con il 3% di treasury 10 anni a fare da resistenza, la situazione più interessante resta quella sui cambi, con la rottura definitiva, da  parte dell’ € del supporto in area 1.2220.


Il cross è arrivato in tempi brevi al cospetto del primo supporto, a 1.2085,  massimo di settembre 2017 testato e poi rotto a gennaio scorso. Una rottura ribassista anche di questo livello riporta l’€/$ nel range tenuto nella seconda parte del 2017 (1.17-1.21).
Per il Dollar index, che ha rotto sia 90.60 che 91.30 (minimo di settembre) abbiamo a 92.00 il  passaggio della media mobile a 200 giorni, in corrispondenza col consolidamento di inizio gennaio.