Servizi globali tonici ma basse pressioni sui prezzi. Dati lavoro USA deludenti

Lampi di Colore 661

Venerdi, mentre eravamo a casa (almeno il sottoscritto) per la Festa della Repubblica, in US abbiamo avuto l’ennesima release macroeconomica contraddittoria, ovvero un labour market report di maggio alquanto deludente. Assai sotto attese il numero di nuovi occupati, 138.000 vs 182.000 stimati, a cui bisogna aggiungere 66.000 in meno da revisione dei mesi precedenti. Vero, la disoccupazione è scesa di 0.1% al 4.3%, minimo dal 2001, ma lo ha fatto in virtù di un robusto calo della forza lavoro (-429.000 unità) equamente diviso, nella household survey, tra calo degli occupati (-233.000) e calo dei disoccupati (-195.000). Nessuno squillo nemmeno da salari orari e ore lavorate.

Naturalmente, un singolo dato non va enfatizzato troppo, anche perchè la serie è volatile, e soggetta a pesanti revisioni. Detto questo, la media trimestrale di creazione di posti di lavoro è scesa in area 120.000, e quindi è difficile negare che ci sia stato un rallentamento.
Si può anche osservare che, con un tasso di disoccupazione al di sotto di livelli in passato considerati di pieno impiego, un certo calo della creazione di posti di lavoro è fisiologico, nel senso che le aziende faticano maggiormente a reperire le risorse adatte. La scarsità di manodopera è sicuramente una concausa del rallentamento. Resta da capire perchè i salari sono cosi “pigri”. Se questo fosse il fattore principale, le pressioni salariali dovrebbero essere maggiori. Sicuramente c’è un problema di richiesta di personale qualificato, che si riflette nei diversi livelli di disoccupazione di lavoratori “skilled” vs “less or non skilled”.

I mercati erano stati allettati dall’ADP survey del giorno prima e quindi, giustificata o meno che sia, la debolezza del labour market report di maggio li ha colti di sorpresa. L’impatto è stato percettibile sul dollaro, tornato sui minimi avendo restituito i magri guadagni di giornata, e sui tassi col 10 anni treasury a segnare i minimi dell’anno 2017. Sull’azionario US  è stato invece moderato ed effimero, mentre l’azionario europeo, che stava facendo un brillante catch up con la forza di Wall Street del giorno prima, ha accusato un po’ di più, ridimensionando i guadagni.

Più riflessivo il comportamento dei mercati asiatici stamattina. Qualcuno ha attribuito il clima al fatto che  Arabia, Emirati, Bahrain ed Egitto hanno rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar, accusandolo di finanziare il terrorismo. Per la verità l’unico impatto distinguibile è stato un temporaneo balzo dell’oil. L’impatto dei tristi fatti di Londra è difficile da individuare persino sugli asset UK, anche perchè non è chiaro che tipo di effetto possono avere su elezioni che sembrano di esito sempre più incerto.
Contrariamente ai dati sul manifatturiero, i PMI services di maggio hanno mostrato un buon tono nelle principali economie asiatiche. Quello cinese (52.8 da prec 51.5) ha fatto eco all’omologo delll’ufficio statistico nazionale, segnalando un accelerazione presente anche nei sottoindici. Stesso discorso per il dato dell’India,  (52.2 da 52) che ha mostrato un incremento anche superiore. Aria meno salubre in Australia (51.5 da 53).

In Europa, le revisioni dei PMI servizi hanno portato poche novità. Revisione al ribasso per la Francia, in parte bilanciata da una al rialzo per la Germania, e lievi rallentamenti in Italia e Spagna i cui dati non erano disponibili come flash release 2 settimane fa. Calo più consistente in UK.
L’assenza della Germania per festività ha pesato sull’attività in Europa. La tendenza è rimasta marginalmente correttiva, con finanziari (in particolare le banche italiane) e resources i settori più offerti.

In US nel pomeriggio, i dati macro hanno continuato a non ispirare.
** I PMI servizi e composite US di maggio sono stati rivisti al ribasso.
** Il più importante ISM ha marginalmente deluso (56.9 da prec 57.5 e vs attese per 57.1), pur restando su livelli assolutamente di rilievo. Tanto per mostrare ulteriore incoerenza, il sottoindice new orders si è fortemente ridimensionato (-5.5 a 57.5, sempre buono) mentre l’eployment ha fatto un balzo (+6.4 a 57.8), smentendo in parte il report di venerdi.
** I factory orders di aprile sono usciti in lieve calo in linea con le attese, ma il dato di marzo è stato rivisto significativamente al rialzo. Lieve revisione al ribasso per i durable goods orders di aprile.

Cosi come per i dati manifatturieri, anche nelle survey sui servizi US le modifiche più rilevanti si sono viste nelle dinamiche sui prezzi, con un robusto calo del sottoindice prezzi tornato in territorio di contrazione. Il presidente dell’ ISM Nieves ha commentato che il business procede nella giusta direzione, e c’è domanda di occupazione, ma manca un autentico pricing power per le aziende.

Lampi di Colore 660

Il raffreddamento dei prezzi, osservabile anche a livello globale (il sottoindice degli imput prices del PMI Composite globale è passato da 56.2 a 54.9, minimo da 7 mesi.) viene visto con favore dai mercati: il rientro delle pressioni inflazionistiche leva pressione alle banche centrali, permettendo politiche monetarie più espansive. Non a caso i rendimenti dei bonds sono tornati globalmente a scendere, mentre i risk asset restano supportati e il carry trade è tornato di gran moda. Finchè la crescita resta buona, e la disinflazione non diventa cosi forte da far salire i tassi reali o da minare la credibilità delle banche centrali, è uno scenario idilliaco per i mercati. Naturalmente, dovesse ad un certo punto subentrare il sospetto che siamo di fronte ad una ripresa del trend, la reazione cambierebbe. E’ assai presto per dirlo.

Orfane del Dax e infastidite dalla forza dell’€, le borse europee hanno ceduto marginalmente terreno. A 2 ore dalla chiusura, Wall Street non ha ancora deciso che fare oggi. Dal punto di vista tecnico, messosi definitivamente alle spalle la resistenza in area 2400 punti, l’S&P 500 punta sopra 2500 punti. Il Vix sembra intenzionato a fare un nuovo minimo in chiusura dopo il 9.75 di venerdi. Ma avendo chiuso sotto 11 per 26 delle ultimee 29 sedute, direi che al momento la sua utilità di indicatore di rischio si è alquanto attenuata. Resta il fatto che ci avviciniamo ad un anno senza una correzione del 5%, e che i principali indicatori livello di hedging stazionano nei pressi dei minimi.
In lievissimo ritracciamento dollaro e tassi, e gli ottimisti potrebbero osservare che la reazione modesta ai dati odierni segnala un quadro leggermente più costruttivo sul biglietto verde e rialzista sui tassi. Vedremo. Di certo vi è che con l’ECB e l’audizione di Comey al Senato giovedi, ulteriormente complicati dalle elezioni in UK, il quadro resta quanto mai incerto.