Continua la battaglia sui supporti per l’S&P 500

Continua la battaglia sui supporti per l’S&P  500.
Ieri sera,  la  comparsa di un report  secondo il  quale al momento non ci sarebbe alcuna misura allo  studio contro Amazon alla Casa Bianca (peraltro già  emerso la scorsa settimana), ha fornito lo spunto per un rally corale del  settore tecnologico e degli indici generali. Al  recupero, che ha visto l’S&P chiudere a +1.26%,  ha apparentemente contribuito la notizia che Tesla non avrebbe in programma un aumento di capitale.  In altre parole  una notizia vecchia e una smentita di prammatica hanno prodotto un movimento ben oltre il punto percentuale, in meno di mezz’ora. La dice lunga sulle condizioni di isteria del mercato,  e  sul peso  che algoritmi e altri operatori short term hanno sulla  price action in questa fase.

Un primo colpo al  sentiment, è venuto, in nottata, dalla notizia che l’ US trade Representative ha proposto dazi su quasi 1300 prodotti cinesi, per un valore imponibile  di circa 50 bln,  a  loro parere commisurato al danno derivante dal mancato rispetto delle proprietà  intellettuali di cui all’investigazione 301. L’agenda prevede la discussione il 15 maggio in un udienza e i commenti finali il 22 maggio, dopodiche la  lista  diventerà  definitiva ed eventualmente pronta per essere applicata successivamente. Ricordo che questa pubblicazione era prevista, e che Trump aveva disposto anche l’elaborazione di restrizioni all’investimento, da proporsi entro 60 giorni ( a decorrere dal 22 marzo).  Quindi è probabile che qualunque cosa venga disposta, l’applicazione slitterà per lo meno a inizio estate. L’idea personale è che i mesi che ci separano dall’applicazione servano a negoziare una soluzione pacifica della contesa.
La  risposta cinese non si è fatta attendere, Il Ministero del Commercio ha protestato animatamente, annunciando l’arrivo di misure di eguale scala, corredate da un reclamo al WTO.
Inizialmente, la seduta asiatica non si è fatta disturbare più  di tanto, con gli indici occupati a fattorizzare la  forza di WS ieri sera. Il clima ha cominciato a deteriorarsi verso la parte finale di seduta, per precipitare con la pubblicazione da parte del citato ministero delle misure di rappresaglia sotto forma di dazi del 25% su altri 100 prodotti US, che questa volta comprendono soia, auto, aereomobili e chimica.  In altre parole i settori a maggior concentrazione di import, dove il danno sarebbe maggiore. Specifiche e applicazione delle misure sono state rinviate  a data da destinarsi, e  condizionate all’effettiva applicazione di quelle US.
Difficile anche qui parlare di sorpresa, visto che era noto che i Cinesi stavano studiando queste misure, e anche quali erano i settori “attenzionati”. Detto questo, per valutare l’impatto della pubblicazione basta confrontare le performance delle “A” shares (Shanghai -0.18%) che chiudono alle 9.00 cet, con le “H” shares (HSCEI -2.3%) che chiudono alle 10.30. Analoga la divisione degli altri indici, con Tokyo e Sydney marginalmente positivi e Seul e Mumbai giù di oltre l’1%.
Persi nella baraonda i PMI servizi cinese e giapponese di marzo,  entrambi deludenti. Il primo (52.3 da 54.2 e  vs attese per 54.5) è  assai peggiore sia delle  stime che dell’omologo ufficiale uscito i giorni scorsi. Significativo ridimensionamento anche per il dato giapponese (50.9 da 51.7).

L’Europa ha preso completamente in faccia, poco dopo l’apertura, l’annuncio della potenziale rappresaglia cinese. Zavorrati dai future sugli  indici USA (l’S&P future è giunto a perdere il 2% in tarda mattinata europea) gli indici europei si sono inabissati, accumulando perdite ben superiori all’1%.
Lontano dai riflettori, l’inflazione eurozone flash di marzo ha deliverato la solita delusione, con il dato headline in linea (1.4% da 1.1% di febbraio) e il dato core stabile all’1% vs attese di una salita a 1.1%). Al limite i dati hanno aumentato il supporto offerto ai bonds eurozone dalla risk aversion.

Su queste basi, il test dei minimi per l’S&P, ampiamente discusso i giorni scorsi, sembrava nelle carte per il pomeriggio, e invece, il sentiment ha avuto il suo nadir poco dopo mezzo giorno, per poi recuperare gradualmente nelle ore pomeridiane.
Rilevanti le news macro in US: l’ADP survey di marzo, antipasto del labour market report di dopodomani, ha segnalato la bellezza di 241.000 nuovi occupati ne settore privato, dopo i 246.000 di febbraio. Ricordo che i payrolls elaborati dal BLS furono di 313.000 il mese scorso. Sembra che i nuovi occupati US abbiano ricominciato a correre (abbondantemente) sopra i 200.000 mensili, nonostante la disoccupazione bassa. Scarse le novità dalla revisione dei PMI servizi e composite US, il più seguito ISM non manufacturing è si sceso un po’ più delle stime (58.8 da 59.5 e vs attese per 59), ma resta su livelli estremamente elevati storicamente. Tra i sottoindici spicca il calo di 5 punti dei new orders, che pero restano a loro volta elevati (59.5).
Di fatto, il rallentamento macro, percettibile in Eurozone e altrove, in US è appena accennato e l’attività resta forte.
A tale proposito, interessante l’aggiornamento mensile di uno studio di Deutsche Bank che mette in relazione i livelli dei PMI/ISM con le performance anno su anno dei relativi indici azionari. DB osserva che il livello delle survey risultebbe coerente con performance assai più elevate, per l’Europa (Italia esclusa), USA ed anche la Cina (vedi tabella). In molti casi, la performance azionaria proietta PMI in territorio di contrrazione dell’attività economica (vedi ultima colonna).

In Eurozone, dove il recente calo dei PMi è stato compensato dal calo degli indici, il quadro è mitigato dall’recupero della divisa. Peraltro, sottrarre dal gap di performance interamente i 15 punti di apprezzamento dell’€ come fa DB (riportato nel commento ma non in tabella), a me sembra un filo esagerato (il gap viene portato da 21% a 6%).

Il recupero di Wall Street non è stato sufficiente a portare in positivo gli indici europei prima della chiusura, ma il -0.2% dell’Eurostoxx sembra un sogno rispetto al -1.4% raggiunto alle 12.30. Il mercato dei cambi continua a mostrare una price action assai più composta dell’azionario con le variazioni delle divise del G-10 comprese oggi  in uno 0.25%, se si escludono $ australiano e neozelanese. Stabili i rendimenti core eurozone, con la periferia che continua a figurare estremamente bene trainata dal BTP, che non ha più preso respiro dopo le elezioni, a dimostrazione di quanto queste erano temute, soprattutto all’estero.
A Europa chiusa, Wall Street ha continuato a recuperare, accumulando un discreto progresso, inimmaginabile stamattina. Dovesse essere questo l’esito finale, si potrebbero fare 2 considerazioni tecniche positive: i) la tenuta del supporto ad un altro test ravvicinato (il terzo consecutivo) ii) la terza seduta in cui si assiste ad un ritorno dei compratori nella seconda parte, di entità crescente.
Ma, come dicevo ieri, non è il caso di fare i farmacisti coi livelli in questo periodo.