Colpi di scena dal week end elettorale ma al momento impatto modesto…

Il week  end elettorale ha prodotto colpi di scena ma per il momento l’impatto sui mercato,  pur presente,  è moderato e localizzato.
Andiamo con ordine.

Venerdi sera, Wall Street, dopo aver fatto chiudere l’Europa sui minimi, ha intrapreso un rimbalzo che la  ha portata a chiudere in positivo. Scarsa al dispersione tra i settori, con Tech, Healthcare e Consumer staples a trainare il mercato.

Venendo agli appuntamenti politici del week end, iniziamo con la parte facile: i membri del SPD hanno approvato col 66% l’accordo di coalizione con la SPD della Merkel. A questo punto manca solo il voto di fiducia a Bundestag (dove la Grand Coalition ha il 55%) per ottenere il via libera per un nuovo esecutivo guidato dalla cancelliera. Fine dell’incertezza.

Riguardo le elezioni politiche italiane, il prevedibile avanzamento degli schieramenti populisti e anti-sistema ha assunto proporzioni massicce, con il Movimento 5 stelle, primo partito, ben oltre il 30%, e la Lega  che a sorpresa supera significativamente Forza Italia, giungendo a un passo da un PD ai minimi storici.
Tramontata, per assoluta mancanza di numeri, l’ipotesi di una Grand Coalition PD-FI-alleati minori, anche una Coalizione di Centro-destra incontra non poche difficoltà, essendosi fermata a qualche punto dalla soglia del 40%. Per contro, il robusto risultato del Movimento lo rende un interlocutore obbligato delle consultazioni, ma ne subordina la possibilità di entrare al governo ad raggiungimento di un accordo con una formazione in grado di fornire i voti mancanti.
Tra le restanti soluzioni, personalmente attribuisco una maggior probabilità ad un accordo M5S – PD (eventualmente con l’aggiunta di LeU). Tale compagine offrirebbe agli sconfitti la possibilità di restare al Governo, e ai vincitori l’apporto, oltre che dei voti necessari per governare, dell’esperienza istituzionale che attualmente gli difetta. La vocazione del M5S rende più facile un accordo con la Sinistra che con la destra, e i programmi hanno alcuni punti di contatto. La principale difficoltà risiede nel fatto che il PD potrebbe preferire un periodo all’ opposizione, allo scopo di ricompattarsi e recuperare consensi.
Viceversa, un accordo M5S – Lega (ammesso che l’assegnazione dei seggi lo consenta) metterebbe al governo i 2 indiscussi vincitori, entrambi espressione di un voto di protesta, e concordi su un atteggiamento generalmente euroscettico. Ma lo ritengo meno probabile, in quanto la netta divisione geografica dei 2 partiti (uno attestato al Nord e l’altro al Sud) sottolinea le profonde divisioni che covano sotto il profilo anti-sistema che li accomuna. Oltre a ciò un accordo del genere metterebbe in crisi tutte le coalizioni Lega – FI che governano a livello locale.
Le dichiarazioni dei Leaders, Salvini determinato a governare con Forza Italia e Renzi, uscente, che annuncia un PD all’opposizione, le interpreto più come un gioco delle parti che non come categoriche chiusure a Di Maio.
Infine, attribuisco probabilità ridotte a una qualche forma di Governo tecnico/del Presidente, o il ritorno alle urne in tempi brevi.

Visto il baccano fatto sui media nelle ultime settimane sui rischi di una vittoria degli Euroscettici, un’ iniziale reazione negativa a questo quadro era da mettere in conto, e cosi è stato. Complice anche l’infuriare nel week end delle polemiche sula trade war di Trump, l’Asia ha aperto con un tono in contrasto con le buone chiusure in US venerdi.
Tra i principali indici dell’area, solo i mercati locali cinesi sono riusciti evitare un calo, mentre anche  le “H” shares hanno ceduto terreno, zavorrate dalle banche, dopo che dal national people Congress è emerso che la stabilità finanziaria del sistema resta una priorità. Per il resto, il target di crescita è stato lasciato al 6.5% circa, mentre quello sul deficit è stato ridotto. Il PMI servizi cinese calcolato da Markit di febbraio è calato, ma non in misura tale da impensierire (53.3 da 53.7).Seul e Tokyo hanno comprensibilmente gradito poco la possibilità di dazi sulle auto paventata da Trump.

Comprensibile anche l’apertura negativa dell’azionario Europeo, corredata dall’inevitabile allargamento dello spread BTP. Dopo la prima ora di contrattazioni la reazione si è concentrata maggiormente sul listino italiano, mentre gli altri indici hanno progressivamente recuperato terreno. Particolarmente bersagliate le banche italiane, apparentemente ree di essere, in aggregato, invise, agli schieramenti vincenti, favorevoli alla linea dura. Le sottoperformance sono state cosi marcate da zavorrare significativamente l’Eurostoxx banks.
Sul fronte macro, le revisioni dei PMI servizi e composite hanno limato qualcosa ai dati flash, accentuando ulteriormente il calo. A livello europeo l’attività segna il minimo da 4 mesi ma resta robusta. La Spagna ancora meglio dell’Italia tra le aree non specificate a livello flash.

Modestissima, per contro, la discesa dell’ISM non manufacturing US di febbraio in US (59.5 da 59.9 e vs attese per 59) . Nei dettagli si notano incrementi nei sottoindici new orders (+2.1 a 64.8) e business activity (+3 a 62.8), che depongono assai bene per i mesi futuri, mentre l’employment è calato vistosamente (-6.6 a 55) ma è in contrasto con il dato del manifatturiero e potrebbe segnalare una debolezza eccessiva.

La buona vena di Wall Street ha definitivamente trascinato in positivo l’Eurozone, che ha chiuso con buoni guadagni guidata dal Dax (a scarso contenuto di banche). Naturalmente Milano ha chiuso in controtendenza, sia pure con una perdita frazione di quella accumulata in mattinata. L’entità del  effetto elezioni balza maggiormente all’occhio se si considera il divario con gli altri indici europei. E poi c’è il movimento dello spread, a sua volta in controtendenza rispetto a Spagna e Portogallo.

A poco più di un ora dalla seduta Wall Street costruisce solidamente sui guadagni di venerdi. L’S&P è tornato sopra il livello di 2700, anche se la rottura ribassista della scorsa settimana ne riduce necessariamente la rilevanza tecnica. Piuttosto, sembra di intravedere, sul grafico daily, la formazione di un triangolo, una figura che implica una progressiva compressione delle oscillazioni e che di solito costituisce un segnale di continuazione del trend, ma la cui direzionalità dipende dalla direzione della rottura.

Volendo chiudere con una riflessione sul potenziale impatto sui mercati delle vicende politiche italiane, osservo che la situazione rischia di restare incerta per un periodo di tempo considerevole. In una fase, come quella attuale, in cui il quadro macro globale è benigno e il rischio sistemico dell’ Eurozone ridotto, l’impatto sul sentiment generale è destinato ad essere modesto ed effimero, a mio modo di vedere. Ovviamente, tanto più le consultazioni si dimostreranno difficoltose, tanto maggiore sarà la pressione specifica sugli asset italiani, che potrebbero divergere anche sensibilmente da quello globali.
A medio termine la situazione è più complessa. Il risultato elettorale pone un blocco ancor più netto ai progressi sulle riforme di quanto aveva fatto il No al Referendum costituzionale, ed anzi, è possibile che conduca al parziale smantellamento di alcune di queste. Oltre a ciò, una realizzazione anche parziale dei temi fiscali che hanno contribuito a decidere questa consultazione, oltre a causare un aumento delle frizioni con Bruxelles, opporrà un ulteriore ostacolo al risanamento delle finanze pubbliche. Si tratta di temi al momento sopiti, che però torneranno di attualità se e quando il ciclo globale e/o italiano perderanno momentum .